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The Wee Trio: Live at the Bistro
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La bella copertina dell'ultimo CD del Wee Trioin puro stile fumettistico pop art, alla Roy Lichtenstein, comprensivo di onomatopeerappresenta i tre musicisti nell'atto di suonare. La musica poi è un'esperienza dinamica sfaccettata, in sintonia con le possibili declinazioni di una società in continuo movimento.
L'accostamento tra pop art e Live at the Bistro -disco che fotografa la performance del gruppo nell'omonimo locale di St. Louis ad un paio d'anni di distanza da Ashes to Ashes: a David Bowie Intraspective-non è casuale. Come le opere di Lichtenstein, il disco non presenta alcuna distinzione tra generi. Pop e bop, funk e rock, swing e cool jazz sono riferimenti paritetici nel caleidoscopico processo di rappresentazione musicale del gruppo. Ogni brano è in sé una sintesi antolologica della poetica del trio, in cui nulla è chiuso in parametri inalterabili. L'esecuzione di ogni pezzo è malleabile, in continuo movimento. Le tracce sonore non sono quadri chiusi. Evocano immagini sempre cangianti.
Live at the Bistro evoca un immaginario sogno sonoro americano in cui convivono cultura "alta" e "bassa," energia, frenesia, spazi meditativi, capacità di cambiare prospettiva e direzione alla musica, senso di appartenenza identitaria ad una sintassi linguistica jazzistica di tipo moderno, aspirazione e realizzazione di una musica democratica, in cui la pariteticità tra vibrafono (James Westfall), contrabbasso (Dan Loomis) e batteria (Jared Schonig) rappresenta la disciplina formale dell'intero progetto.
Che il Wee Trio sia formato da creativi è dimostrato dall'originalità del sound, che sa essere potente, flessuoso, pieno di adogmatici riferimenti espressivi e all'occorrenza scarno. Oltre che dai generi succitati, è musica che sa essere piacevolmente impreziosita perfino da echi musicali barocchiquindi comprensivo della tradizione jazzistica che rimanda inevitabilmente al Modern Jazz Quartet.
La musica del trio non vuole sorprendere artificiosamente e a priori, semplicemente stupisce per il modo in cui è costruita: si nutre di scambi di idee tra musicisti e di esecuzioni niente affatto scontate.
La forza del gruppo scaturisce dal gioco delle parti, dall'interplay -che è il perno del sound-e da un approccio alla cultura musicale di tipo pragmatico -pluralista e plurilinguistico-nella quale le combinazioni inattese sono la norma.
Che siano standards ("Cherokee" e "There Is No Greater Love"), brani tratti dal repertorio pop di David Bowie ("Queen Bitch") o pezzi originali ("Sabotage," "White Trash Blues," "New Earth" e "Ranthem") l'assunto è lo stesso: dare alle esecuzioni un senso di profonda leggerezza musicale. Ciò rende i brani altamente leggibili al fruitore, pur in presenza di preziosi tratti di maestria e padronanza tecnica.
L'ascolto di Live at the Bistro è un'esperienza davvero entusiasmante, appagante sia per la mente che per il corpo. Si spera di poterli vedere e ascoltare quanto prima da queste latitudini.
L'accostamento tra pop art e Live at the Bistro -disco che fotografa la performance del gruppo nell'omonimo locale di St. Louis ad un paio d'anni di distanza da Ashes to Ashes: a David Bowie Intraspective-non è casuale. Come le opere di Lichtenstein, il disco non presenta alcuna distinzione tra generi. Pop e bop, funk e rock, swing e cool jazz sono riferimenti paritetici nel caleidoscopico processo di rappresentazione musicale del gruppo. Ogni brano è in sé una sintesi antolologica della poetica del trio, in cui nulla è chiuso in parametri inalterabili. L'esecuzione di ogni pezzo è malleabile, in continuo movimento. Le tracce sonore non sono quadri chiusi. Evocano immagini sempre cangianti.
Live at the Bistro evoca un immaginario sogno sonoro americano in cui convivono cultura "alta" e "bassa," energia, frenesia, spazi meditativi, capacità di cambiare prospettiva e direzione alla musica, senso di appartenenza identitaria ad una sintassi linguistica jazzistica di tipo moderno, aspirazione e realizzazione di una musica democratica, in cui la pariteticità tra vibrafono (James Westfall), contrabbasso (Dan Loomis) e batteria (Jared Schonig) rappresenta la disciplina formale dell'intero progetto.
Che il Wee Trio sia formato da creativi è dimostrato dall'originalità del sound, che sa essere potente, flessuoso, pieno di adogmatici riferimenti espressivi e all'occorrenza scarno. Oltre che dai generi succitati, è musica che sa essere piacevolmente impreziosita perfino da echi musicali barocchiquindi comprensivo della tradizione jazzistica che rimanda inevitabilmente al Modern Jazz Quartet.
La musica del trio non vuole sorprendere artificiosamente e a priori, semplicemente stupisce per il modo in cui è costruita: si nutre di scambi di idee tra musicisti e di esecuzioni niente affatto scontate.
La forza del gruppo scaturisce dal gioco delle parti, dall'interplay -che è il perno del sound-e da un approccio alla cultura musicale di tipo pragmatico -pluralista e plurilinguistico-nella quale le combinazioni inattese sono la norma.
Che siano standards ("Cherokee" e "There Is No Greater Love"), brani tratti dal repertorio pop di David Bowie ("Queen Bitch") o pezzi originali ("Sabotage," "White Trash Blues," "New Earth" e "Ranthem") l'assunto è lo stesso: dare alle esecuzioni un senso di profonda leggerezza musicale. Ciò rende i brani altamente leggibili al fruitore, pur in presenza di preziosi tratti di maestria e padronanza tecnica.
L'ascolto di Live at the Bistro è un'esperienza davvero entusiasmante, appagante sia per la mente che per il corpo. Si spera di poterli vedere e ascoltare quanto prima da queste latitudini.
Track Listing
Cherokee; Drum Intro; Sabotage; Vibraphone Intro; hite Trash Blues; Queen Bitch; Bass Intro; There Is No Greater Love; Space Jugglers; New Earth; Ranthem; Tig Mack; Drum Intro; White Out.
Personnel
The Wee Trio
band / ensemble / orchestraDan Loomis
bassJames Westfall
vibraphoneJared Schonig
drumsAlbum information
Title: Live At the Bistro | Year Released: 2013 | Record Label: Bionic Records
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About The Wee Trio
Instrument: Band / ensemble / orchestra
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