Joey Calderazzo

Il jazz lo si ama perché riserva sempre piacevoli sorprese. Accade così che il palco e la calda atmosfera di una esibizione live possano rendere giustizia alla maestria tecnica di un pianista bravissimo, poco sapido nelle incisioni discografiche a suo nome.

Come ben sanno i jazzofili, questa musica sorprende grazie ad esibizioni come quella di Calderazzo, che lanciano una vigorosa freccia di Cupido che incanta e lascia il segno quando meno uno se lo aspetta... Cosa è quindi successo a Palermo il 15 dicembre?

Rispetto agli esordi della metà degli anni '80, il quarantatreenne pianista statunitense ha raggiunto una piena maturità espressiva (quella tecnica è sempre stata fuori discussione), che lo porta ad andare al cuore delle cose, per far assaporare ogni singola nota da restituire al pubblico con gioia e felice vis comunicativa.

Con tali premesse, acquista nuova luce il suo pianismo non personalissimo, affilato con altre armi: raffinato senso ritmico, fluidità melodica e vertiginosi blocchi accordali. Sono le carte vincenti di una vibrante espressività, illuminata da inesauribili doti di improvvisatore.

Ma quello che più ha colpito favorevolmente di lui è il superbo controllo delle dinamiche, cui si aggiunge una sobria leggerezza nei continui cambi di sfumature, nel passare in rassegna alcuni gloriosi standard della letteratura jazzistica. Ne è disceso un set di grande qualità, dove si è ammirato un pianista dalla multipla personalità e dalle spiccate capacità narrative.

Sulla medesima lunghezza d'onda si sono mossi i due maestosi compagni di viaggio, Eric Reevis al contrabbasso e Antonio Sanchez alla batteria, per condividere un percorso di felice comunicativa gestito con grande compattezza ed un forte senso della costruzione armonico-melodica.

Ed è un vero peccato che un musicista dai mezzi tecnici così sopraffini non abbia ancora lasciato una traccia personale nelle incisioni discografiche, per concentrarsi su una ricerca musicale più libera ed aperta.

Ma sul palco palermitano la sua musica ha riacquistato anima, si è rivitalizzata per condensare al meglio i pregi dell'odierno jazz newyorkese. Una pratica strumentale da manuale ed inarrivabile per le ritmiche europee, che fa palpitare il cuore e la forza della tradizione jazzistica, con invidiabile dinamismo.

Un modern mainstream discograficamente senza sorprese, cui l'atmosfera del jazz club dona carica emotiva ed appassionata partecipazione che coinvolge chi suona e chi ascolta. Felicissima l'idea di ospitare il concerto in una galleria d'arte, suggerendo emozioni sonore e visive, grazie a lussureggianti tele astratte.

Foto di Roberto Cifarelli.

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