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Jack DeJohnette "The Ripple Effect"
Originale e autoreferenziale sono due parole che fanno rima, ma hanno un significato diverso. Ne è stato esempio lampante anche il concerto di Jack DeJohnette, a Roma lo scorso 27 ottobre con il suo progetto The Ripple Effect: quasi due ore di musica dove si è assistito a una commistione di ritmi africani, orientali, amazzonici, europei, rap, elettronica e quant'altro.
Un minestrone sonoro dal sicuro spessore di originalità, ma che in alcuni tratti ha preso delle tangenti talmente non aderenti al contesto, da risultare poco commestibile per la platea romana, quindi eccessivamente ricercato nelle forme e nei colori al punto da risultare autoreferenziale. Situazione che ha creato delle scollature tra la band e il soporifero pubblico presente che, complice anche il martedì lavorativo e la comodità delle poltroncine della Sala Sinopoli, ha dato segno di presenza solo negli applausi di circostanza e nei rari tentativi di coinvolgimento da parte dei musicisti.
DeJohnette - camicia rossastra e 67 primavere indossate con disinvoltura - si è distinto durante tutta la performance per equilibrio timbrico, estrema versatilità anche nelle situazioni più tirate, per un paio di soli eccellenti, e per una serie di figurazioni ritmiche che, come se fossimo davanti al miglior prestigiatore, per essere capite appieno avrebbero avuto bisogno almeno di un paio di replay. Sintesi ritmica che si è potuta compiere grazie anche all'ottimo Jerome Harris, bassista dall'atteggiamento funkeggiante e all'occorrenza chitarrista dal tocco affilato, preciso, chirurgico. Ma lo spettacolo ha conosciuto i suoi momenti migliori nelle composizioni votate alle melodie, dove la cantante Marlui Miranda si è potuta esprimere su un registro medio-alto ottimamente sospeso sulla tessitura generale, creando delle linee di condotta evidenti e dunque più fruibili. Linee ribadite dai fiati di John Surman e meravigliosamente legate dagli inserti elettronici di suo figlio Ben, un autentico asso nella manica dell'intero ensamble.
Spettacolo originale si diceva, e non v'è dubbio, ma pagato al caro prezzo di lunghi passaggi di assoluto compiacimento.
Foto di repertorio di Claudio Casanova.
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