Mr. Rencore + Tim Berne: Intollerant

E in effetti il clima è parecchio incazzoso. Perché Intollerant intollerante lo è sul serio. Intollerante e rancoroso; tutto nervi e spigoli. Per l'incontro col padre putativo Tim Berne (che in Italia di figliocci ne ha disseminati parecchi), i livornesi Gabrio Baldacci, Daniele Paoletti e Beppe Scardino hanno deciso di giocare sporco e pesante, mettendola sul piano del volume e della cattiveria, accantonando la vaselina e i timori reverenziali; che poi è il modo migliore di comportarsi quando c'è di mezzo l'ospite illustre, onde evitare di sfornare l'ennesimo disco inutile, di quelli che si fanno per allungare il curriculum e accalappiare qualche direttore artistico credulone.

Intollerant, fortunatamente, non rientra nell'odiosa categoria. Ci sono tre giovanotti di belle speranze, c'è il mostro sacro di turno e di passaggio (a Bari, il 25 e 26 luglio del 2010), ma di retorica e salamelecchi nemmeno l'ombra. Certo, non tutto è perfettamente a fuoco e, di tanto in tanto, il disco paga dazio alla propria natura episodica; però quel che funziona, diamine!, funziona davvero alla grande.

Come l'iniziale "Ort Milos," dall'incipit zorniano e dall'incedere berniano, con il contralto del newyorchese in bella evidenza e la chitarra di Baldacci nel ruolo di sferragliante propulsore ritmico. Oppure la simil-ballad "Book B," che dopo un intro sorniona, obliquamente friselliana, verso i tre minuti sfocia in un crescendo irresistibile cavalcato dal contralto.

Il meglio, e il clou della scaletta, sono però i sedici minuti abbondanti di "Intollercaos," nel corso dei quali emerge la vena anarchico-furiosa della band. Succede di tutto: improvvise accelerazioni funk, divagazioni siderali, loop ossessivi, elettronica a grappoli, passaggi dinoccolati e perlustrativi che finiscono per incagliarsi in un riff (capita verso i cinque e mezzo, tra applausi campionati e l'improbabile vociare di un televisore; e poi di nuovo nel finale, quando il brano prende una meravigliosa piega jazz-rock). Berne giganteggia, ma è Baldacci a tenere il caos per le redini, confermandosi gran sacerdote del sabba (non a caso la firma su tutte le composizioni è la sua) e mettendo in mostra un campionario davvero infinito di risorse e sonorità.

Consigliato, ma solo per bambini accompagnati.

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