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Intervista a Szilard Mezei
ByCredo nella possibilità di unire l'estetica jazz con quella classica. Credo in ogni musica non-commerciale e di qualità che non sia troppo elitaria, come accade troppo spesso con la classica contemporanea.
All About Jazz: Qual è lo stato attuale del tuo lavoro musicale?
Szilard Mezei: Negli ultimi tempi la mia attività si concentra prima di tutto sulle mie varie formazioni stabili, sia dal punto di vista esecutivo che compositivo (musiche per teatro e per altri organici). In senso ampio mi interesso maggiormente alle relazioni tra la dimensione compositiva ed improvvisata, sia nell'arcaica musica folk ungherese che in alcuni ambiti della musica classica contemporanea e del jazz. La mia intenzione è di ottenere un'organica (non mischiata o accostata) relazione tra queste tendenze musicali e spirituali. E naturalmente sono sempre impegnato nel ruolo di strumentista. Non mi interessa molto scrivere composizioni per solisti e gruppi strumentali se non conosco in anticipo chi le eseguirà. Per questo sono sempre in cerca di nuovi (specialmente giovani) musicisti, organizzando workshop (nel senso di lavoro collettivo, non d'insegnamento) sulla musica improvvisata. In questo momento abbiamo a Novi Sad da dieci a quindici musicisti, alcuni che hanno già partecipato ai passati workshop altri che intervengono per la prima volta.
AAJ: Quando è iniziato il tuo interesse per la musica?
S.M: Non ricordo il momento preciso. Ricordo che mia mamma cantava vecchie canzoni folk ungheresi e queste canzoni sono le mie prime memorie musicali. Successivamente ho sempre cercato di fare musica, cantando o suonando, anche se mai in modo troppo organizzato; ero un ragazzo e per me era una cosa semplice e naturale, come le canzoni tradizionali ungheresi.
AAJ: Quanto ti ha influenzato la musica tradizionale del tuo Paese?
S.M: Devo leggermente correggere questa domanda in quanto io appartengo alla minoranza ungherese della multietnica regione serba e la musica tradizionale del mio Paese non mi ha particolarmente influenzato. Come ho detto, da questa prospettiva il massimo influsso è giunto dall'arcaico folklore ungherese e dalle tradizioni musicali della Vojvodina. Ovviamente, vivendo qui, tutte le musiche tradizionali di quest'area geografica (Serbia, Slovacchia ecc...) mi hanno influenzato in qualche modo. Allo stesso tempo amo altre musiche tradizionali, distanti da qui, come quelle dell'India, del Giappone, di Giava, del Tibet e dell'Africa.
AAJ: Qual'è stata la tua educazione musicale?
S.M: Ho studiato violino nella scuola primaria della mia città natale e in quella secondaria a Subotica. Poi ho studiato composizione per quattro anni a Belgrado nel corso del professor Zoran Eric.
AAJ: Vuoi parlarci delle tue prime esperienze con il jazz? Quali erano i tuoi musicisti preferiti?
S.M: Tra le mie prime e più importanti influenze - dopo l'ascolto della musica di Bach, Haydn, Mozart - c'è l'incontro contemporaneo con la musica di Béla Bartók e col jazz. Poco dopo ho incontrato la musica di Anthony Braxton e György Szabados. Un incontro che ha rappresentato per me una rivelazione e dal quel momento seguo continuamente i loro lavori. Naturalmente ascoltavo e analizzavo tutti i classici del jazz e principalmente gli esponenti moderni come Mingus, Monk, Tristano, Giuffre. Successivamente anche Waldron, Lacy, Cecil Taylor, Peter Kowald, Marilyn Crispell, Gharles Gayle, David Ware ed altri del free jazz e dell'avanguardia americana ed europea. Sarebbe un elenco molto lungo... Un fattore molto importante, quando studiavo a Belgrado, è stato l'incontro con il lavoro del compositore polacco Witold Lutoslawski e con il suo metodo di scrittura aleatoria. Negli anni della scuola secondaria avevo iniziato a suonare free music e fu allora che iniziai a interessarmi alle relazioni tra dimensione musicale scritta e improvvisata ed ai metodi di organizzazione dell'improvvisazione e le composizioni mettendo a frutto l'esperienza fatta suonando musica improvvisata. Questa problematica continua a impegnarmi anche oggi.
AAJ: Quando hai iniziato a comporre?
S.M: Ho iniziato quando avevo sedici anni, sotto l'influenza della musica di Bartók. L'incontro col jazz ha poi cambiato profondamente la mia idea sulla musica, sulla scrittura musicale. Cercavo di avvicinarmi a tutte le musiche dalla prospettiva dell'improvvisazione che avevo incontrato nel jazz e nella musica creativa. In questo senso mi è stato di grande aiuto l'analisi compiuta sulla musica di Bartók e di altri autori classici e contemporanei.
AAJ: La prospettiva estetica che emerge dalle tue composizioni e dalla musica dei tuoi gruppi è quanto mai ampia. In che modo organizzi questo materiale?
S.M: Prima di tutto credo sia fondamentale lavorare con gli stessi musicisti per lungo tempo. Questo tipo di musica funziona solo se i musicisti si conoscono molto bene, se conoscono ogni piccola vibrazione espressa dai colleghi. Con i musicisti del mio trio (Ervin Malina e István Cs
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