Aa.Vv.: Freedom of the City 2005

E proprio dal leggendario ensemble londinese arrivano le cose migliori del disco: attraverso tre conduction differenti l’orchestra mostra una grande compattezza di suono, un’altrettanto grande sensibilità nelle dinamiche interne, la capacità di adattarsi ed interpretare al meglio le idee musicali del direttore di turno.

Notevoli sono anche gli episodi del trio Rutherford/Edwards/Sanders, con il trombonista in forma smagliante che sforna a getto continuo sottigliezze e meraviglie timbriche, mentre lo splendido lavoro di Sanders con le spazzole conferisce ai brani uno swing leggero e libero. Anche se la gemma del disco sono i 26 minuti di “Don’t Bend the Wardrobe“ nei quali il piano di Steve Beresford il basso di Joe Williamson e le percussioni di Roger Turner agiscono come un unico respiro di note, di invenzioni e di lucida follia.

Deludente il duo Coxhill, sax soprano e Metcalfe, flauto, piuttosto farraginosi e inconcludenti; impalpabile ed esageratamente lungo, 24 minuti abbondanti, l’esperimento elettronico tra il violino di Philipp Wachsmann e l’installazione video di Kjell Bjorgeengen, solo in parte giustificata dall’assenza sul CD della componente visiva.

Inaugurata nel 2001 questa serie dovrebbe rappresentare una sorta di stato dell’arte della scena improvvisativa londinese: a giudicare da questa incisione, sembrerebbe vivere un momento di stallo e di carenza di idee, in bilico tra nostalgia del passato e pensiero rivolto al futuro.

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