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Fonterossa Open Orchestra

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Fonterossa Open Orchestra
Sound of Friday Spring 2019
Circolo Libertà
Viaccia (PO)

Musica complessa, imprevedibile, scoppiettante, che irradia gioia quella della Fonterossa Open Orchestra, amplissimo ensemble diretto da Silvia Bolognesi nato da un ormai pluriennale laboratorio tenuto a Pisa dalla contrabbassista senese. Musica e orchestra che avevamo avuto già modo di apprezzare in passato alle diverse edizioni del Fonterossa Day (clicca qui per leggere la recensione del concerto dello scorso anno) e che stavolta si è esibita a Prato, in occasione della rassegna Sound of Friday, organizzata dal Circolo Libertà di Viaccia.

Proprio perché nata da un laboratorio, la formazione ha tra i propri membri un certo numero di non professionisti, ma include anche musicisti di alto livello, tra i quali Emanuele Parrini alla viola (e non al più abituale violino), Pee Wee Durante al trombone (e non alle tastiere di cui è solitamente interprete), la cantante Michela Lombardi, il bassista elettrico Griffin Rodriguez, la flautista Carlotta Vettori, oltre a diversi giovani interessantissimi, come il talentuoso altosassofonista Tobia Bodensan, recentemente autore di un CD per Rudi Records alla direzione dell'orchestra-laboratorio d'improvvisazione Bluering-Improviser, per certi versi simile alla Fonterossa Open.

Il concerto si è articolato in due lunghe parti di circa quaranta minuti ciascuna, di fatto due suite prodotte grazie alla conduction della Bolognesi, che—pur basandosi su alcuni parti scritte, su temi di autori importanti della storia del jazz e su un canovaccio organizzato e provato—ha coordinato un lavoro in larga parte improvvisato attraverso una direzione fatta di segni convenzionali, indicazioni mimiche e istruzioni scritte su cartelli. Si sono così alternati temi eseguiti dall'intera formazione, parti condotte da sezioni (in particolare da quella vocale, con tre pirotecniche cantanti), assoli di singoli musicisti, giochi di contrasti tra sezioni diverse—contrapposte tra loro per intensità ritmica o dinamica, oppure per tema eseguito—e guidate dalla Bolognesi in modo da rendere i contrasti armonici e coinvolgenti.

Può sembrare sorprendente, ma in questo convulso magma zappiano c'è stato spazio per soddisfare l'urgenza espressiva di tutti i quasi trenta elementi, senza che ciò abbia fatto perdere il filo della musica né a chi la eseguiva, né a chi l'ascoltava. Un pubblico, peraltro, perlopiù probabilmente non avvezzo a un genere così aperto, libero e avaro di temi lineari, ma che ciononostante è parso apprezzare moltissimo, a giudicare dall'entusiasmo manifestato al termine di entrambe le suite. Merito della gioia sprigionata dai musicisti—l'orchestra pare retta proprio da una collettiva e condivisa felicità del far musica—e dal modo autorevole, scenico e anch'esso gioioso di dirigere della Bolognesi: per quanto intricata e lontana da ogni cliché fosse la musica, era sufficiente seguire i movimenti della direttrice per ritrovarvi il senso, godere della sua costruzione e apprezzarne i suoni.

Un plauso va fatto infine all'organizzazione, che ha trovato il coraggio di inserire musica di questo genere all'interno di una rassegna destinata a un pubblico locale e di non specialisti della musica improvvisata; un coraggio che ha pagato, ma che sembrano non avere molte grandi organizzazioni, che continuano a ignorare o comunque a trascurare questo tipo di spettacoli, danneggiando in questo modo non solo chi fa musica improvvisata, ma anche lo stesso pubblico e la società tutta. Il pubblico, infatti, a dispetto di quanto spesso si sostiene mostra di saperla apprezzare ogniqualvolta gli venga proposta con le giuste modalità, e certo l'apprezzerebbe ancor più se avesse maggiori possibilità di ascoltarla e di entrare nella sua logica e nella modalità di ascolto che essa richiede; la società, infine, non avrebbe che da giovarsi dalla diffusione di momenti d'arte e d'intrattenimento meno consuetudinari, ripetitivi e passivi di quelli che invece vanno per la maggiore, capaci di stimolare chi vi partecipa e di aprire spiragli su forme diverse di vita e convivenza.

Anche suonando e promuovendo una musica diversa e che richiede la partecipazione del pubblico si può contribuire a far uscire la nostra società dalla piatta grossolanità in cui troppo spesso si trova a languire.

Foto: Neri Pollastri.

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