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Don Karate a Fabbrica Europa, Firenze

Don Karate a Fabbrica Europa, Firenze

Courtesy Monia Pavoni

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Don Karate
Firenze
Fabbrica Europa
P.A.R.C.
30.9.2023

Quasi fosse una festa di fine estate, preceduto e seguito da un DJ Set, sabato 30 settembre presso il P.A.R.C. di Firenze —nel bel mezzo del polmone verde della città, Le Cascine —nel contesto di Fabbrica Europa si è svolto il live di presentazione di Space Foresta, terzo album di Don Karate, il trio messo in piedi da Stefano Tamborrino assieme a Pasquale Mirra e Francesco Ponticelli. Il disco, già ascoltabile in rete da qualche mese, era per l'occasione disponibile anche in formato fisico, anche se solo in LP —del resto, l'album d'esordio, I Dance to the Silence, era uscito solo su musicassetta...

Lo spettacolo, come nello stile della formazione, si è spinto oltre il mero aspetto musicale: i tre musicisti erano vestiti con delle tuniche tra il berbero e il fantascientifico, oltretutto con cappucci —quasi dei burqa—che li mascheravano completamente; sullo sfondo scorrevano video con coloratissimi disegni dedicati, diversi a ogni brano, che si muovevano a tempo di musica; i primi pezzi sono stati accompagnati da alcune danzatrici che ballavano sotto il palco, tra il folto pubblico che assisteva in piedi; verso la fine, dal fondo della platea è entrato un gruppo di percussionisti che, ballando e suonando, si sono mossi in platea accompagnando la musica del trio. Tutto questo ha alzato decisamente il già alto entusiasmo del pubblico, composto—udite udite!—in larghissima maggioranza da giovani, cioè il tipo di ascoltatori dei quali tanto si lamenta l'assenza ai concerti jazz.

Jazz, già... Ma un concerto come quello di Don Karate può essere definito jazz? La formazione, composta di fatto da vibrafono, basso elettrico e batteria, in realtà era fortemente influenzata dall'elettronica nelle mani di Ponticelli, con suoni campionati e liquidi sfondi ambient, mentre lo stesso Tamborrino abbondava in ritmi dance, dub, hip hop, cosicché l'atmosfera generale sembrava più da discoteca che da concerto, con il pubblico che, infatti, per tutta la durata dello spettacolo ha battuto il tempo con il corpo e per lunghi tratti ha proprio ballato. Eppure...

Eppure senz'altro jazz erano gli scintillanti e fantasiosi interventi di Mirra—qualcuno ha mai visto un vibrafono in discoteca?—mentre a prestare attenzione, sotto i martellanti ritmi "fissi," Tamborrino aggiungeva mille cose, da frantumazioni ritmiche a rumori destabilizzanti, da percussioni etniche a improvvisi stop funzionali a improvvise e stranianti mutazioni di scena... E gli stessi strampalati costumi, così come le immagini in movimento, le ballerine e i percussionisti in platea, cos'altro erano se non un'aggiornata versione di quanto proponeva a suo tempo Sun Ra? E ancora: ma il jazz deve sempre e solo prestarsi a un ascolto attento da auditorium, oppure —come negli anni Trenta, Quaranta, Cinquanta—può giustamente anche essere ballato, senza curarsi troppo dei dettagli che si nascondono dietro ai ritmi trascinanti?

Sarà perché Tamborrino è un geniaccio a cui si è disposti a concedere un credito quasi illimitato, sarà perché, comunque, un'ora passata ad ascoltare Don Karate non è sembrata gettata alle ortiche, fatto sta che anche a chi, come allo scriba, questa musica non è del tutto congeniale, qualche dubbio viene: chi e come deve stabilire quale sia, oggi nel 2023, The Shape of Jazz to Come? Quelle centinaia di ragazzi che erano presenti al concerto—forse non tutti in piena consapevolezza...—direbbero certamente che è quella datagli da Don Karate, la quale—come già scrivevo recensendo il primo disco—è comunque assai più ricca e imprevedibile di tante acclamate "nuove proposte" provenienti dal mondo anglosassone e statunitense.

E allora, sebbene il sottoscritto Space Foresta dall'HiFi non riesca proprio ad ascoltarlo, lunga vita a Don Karate: ci vediamo alla prossima festa musicale, certi di trovarci ancora tante invenzioni e nuove sorprese!

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