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Decoy al Mo.Ca. di Brescia

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Decoy (Alexander Hawkins, John Edwards, Steve Noble).
Rassegna Indica
Brescia, Mo.Ca.
24.02.2018

Decoy si impernia su un trio britannico ben rodato, che unisce due colonne della seconda generazione di grandi improvvisatori, come il contrabbassista John Edwards e il batterista Steve Noble, al campione della scena più recente, il tastierista e pianista Alexander Hawkins, in questa occasione focalizzato sull'organo Hammond. Un organico che sta giungendo al traguardo dei dieci anni di attività, visto che i primi documenti discografici risalgono al 2009, e che nel corso della sua storia è approdato anche a incontri significativi con un quarto membro, come testimoniano i due splendidi CD con Joe McPhee: Oto, registrato nel 2009, e Spontaneous Combustion, del 2011.

Non casualmente le due registrazioni citate sono tratte da concerti: la musica totalmente improvvisata di Decoy trae la propria linfa e si sviluppa sulle coordinate di immediatezza, di scambio con l'ambiente e il pubblico, che solo nel contesto live trova la sua piena realizzazione. Nel prezioso spazio centrale di Brescia del Mo.Ca., nonostante l'assenza di un impianto che filtrasse ed equilibrasse fonti sonore diverse come quella dell'organo Hammond, del contrabbasso e della batteria, il concerto si giovava di un ambiente ideale, sia per le dimensioni che sotto il profilo acustico. Il trio si è tuffato senza rete in un'ora intensa di musica: un maelstrom non facile da gestire e dominare, in cui i tre protagonisti erano aperti a tutte le sorprese che il loro approccio prometteva.

Una musica che naviga con rigore sulle creste dell'imprevisto, in cui il giovane tastierista di Oxford ha dimostrato il proprio innato atteggiamento positivo ed esplorativo, dotato di un fraseggio acrobatico ed elegante. Hawkins ha sfruttato in effetti alcuni caratteri che oggettivamente potevano essere considerati difetti di uno strumento storico degli anni Cinquanta, in grado comunque di mostrare tutta la propria dignità di un suono ineguagliabile, di un attacco sferzante. Così la parte iniziale del concerto, giunta subito a una densità alta di suono e di energia, è stata caratterizzata dai suoni percussivi, impuri e ostinati di un registro inedito, che perfettamente si accordavano con l'approccio del trio, in particolare con la combinazione costante di suoni e rumori messa in scena dal lavoro mirabolante al contrabbasso di Edwards.

La batteria di Noble si muove su questi terreni accidentati cercando a tratti di conferire un modello di scansione regolare, ancorata in modo robusto al tempo. Ma pronta al deragliamento nella fitta trama di suoni sgranati, che interagiscono e si sovrappongono, creano nuvole di densità, macchie di luce, fruscii, scalpitii. Anche in questo caso, come d'altra parte nella varietà timbrica e dinamica messa in scena dalla tastiera e dal contrabbasso, avremmo desiderato cogliere con più chiarezza, attraverso l'apporto discreto di una minima calibratura dell'amplificazione, certi dettagli timbrici, il loro impasto e la relazione reciproca. Ma spesso bastava il bagliore improvviso di un accordo, di un attacco, o l'apertura a un episodio più disteso per dare la misura di quanto questa musica sia ricca e articolata.

Foto: Gianluca Carè.

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