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Dave Douglas Quintet with Aoife O' Donovan - Be Still
ByTeatro Manzoni - Milano - 03.03.2013
Anche questa stagione 2012-2013 della rassegna Aperitivo in Concerto è giunta a conclusione. Il bilancio, come sempre, è più che positivo: un'offerta musicale molto attenta a tutte le direzioni e nuove tendenze del jazz contemporaneo, premiata da un ottimo riscontro di pubblico.
Il concerto di chiusura della manifestazione è stato affidato al quintetto di Dave Douglas, che ha presentato in prima europea il suo ultimo lavoro Be Still. La genesi dell'album è nota. Nel 2011 la madre di Douglas, gravemente malata, ha affidato al figlio una serie di partiture (prevalentemente inni e traditionals), chiedendogli di suonarle quando fosse venuto il giorno del suo funerale. Una storia molto personale ed intima, che Douglas ha successivamente elaborato raccogliendo questi sei brani - cui ha aggiunto tre sue composizioni - nell'album Be Still, realizzato con un nuovo quintetto (Jon Irabagon al sax, Matt Mitchell al piano, Linda Oh al contrabbasso, Rudy Royston alla batteria) cui in alcuni brani si è affiancata la voce di Aoife O' Donovan.
La formazione originaria si è poi leggermente modificata (Walter Smith III ha preso il posto di Jon Irabagon), ed è con questo organico che il trombettista si è presentato a Milano. Il concerto ha sostanzialmente rispecchiato, fatta eccezione per l'ordine di esecuzione dei brani, il contenuto dell'album. Un jazz molto lirico e maestoso, con echi di classicità (la traccia che dà il titolo all'album è una composizione di Jean Sibelius) ed ampie contaminazioni bluegrass, l'ambito in cui opera prevalentemente la O'Donovan.
Per molti versi quello di Be Still è un Dave Douglas inconsueto - ammesso che ne esista uno consueto - poco compositore e molto arrangiatore. Ma anche, inconfondibilmente, il Dave Douglas cui siamo abituati. Il musicista che, indipendentemente dalla direzione intrapresa, non sbaglia un colpo. Il formidabile arrangiatore che cura l'orchestrazione in ogni minimo dettaglio. L'eccellente selezionatore di musicisti, capace di assemblare organici perfettamente coerenti con la musica eseguita. E, naturalmente, il magnifico strumentista che estrae dalla sua tromba mille sfumature timbriche ed espressive.
In un libro su Roger Federer, probabilmente il più grande tennista di ogni tempo, lo scrittore David Foster Wallace racconta di come nel corso dei suoi match il campione svizzero abbia lampi di gioco che vanno oltre a quanto comunemente immaginabile, che sono pura trascendenza. Non a caso, il libro si intitola "Roger Federer come esperienza religiosa". Wallace definisce questi lampi di gioco come "Momenti Federer", e li descrive facendo ricorso al mistero ed alla metafisica, i più vicini alla verità. Le spiegazioni più tecniche, sostiene lo scrittore, funzionano meglio come giornalismo, ma non aiutano a cogliere la vera essenza del fenomeno.
Parafrasando David Foster Wallace, quando sul palco c'è il trombettista di Montclair si sviluppano dei "Momenti Douglas" in cui la musica, il suono, diventano perfezione, pura metafisica. E dunque ci si potrebbe anche addentrare in spiegazioni tecniche sulle fantastiche poliritmie di Rudy Royston, sulla musicalità e gli accenti del contrabbasso di Linda Oh, sulla frammentazione delle frasi di Walter Smith III, sulla giustapposizione tra pedali jazz (mano sinistra) ed echi eurocolti (mano destra) di Matt Mitchell, sul sottile velluto della voce di Aoife O'Donovan, ma sarebbero solo chiacchiere. Nel corso di questo Be Still milanese, i "Momenti Douglas" sono stati numerosi.
Foto di Roberto Cifarelli.
Altre foto di questo concerto sono disponibili nella galleria ad esso dedicata.
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