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Conference Call
ByNuovo Teatro Comunale - Bolzano - 10.06.2006
Spetta al recente "Jazz And Other" il merito d'aver presentato, in anteprima italiana, il quartetto Conference Call, una delle realtà musicali più inventive del jazz contemporaneo. Giunta alla ventiquattresima edizione, la rassegna bolzanina si conferma una dei pochi ambiti festivalieri dov'è possibile ascoltare ancora musica di ricerca: quest'anno il suo vasto cartellone presentava anche il Sud Ensemble di Pino Minafra, Michael Blake, il trio di Gianni Gebbia, il quartetto di D'Andrea, Michel Godard e vari artisti d'area germanica come Wolfgang Puschnig, Chris Lauer ed Herbert Joos [per leggere la recensione degli ultimi tre giorni del festival clicca qui].
Nonostante abbia inciso anche alcuni dischi per l'italiana Soul Note (tra cui l'esordio con questa formazione, Final Answer) e sia considerato uno dei massimi sassofonisti della sua generazione, Ullmann aveva suonato sporadicamente nel nostro Paese e mai con il Conference Call. Questo gruppo cooperativo nasce nel 1998 dall'incontro tra il sassofonista tedesco con il pianista Michael Jefry Stevens ed il contrabbassista Joe Fonda. Il primo batterista fu Matt Wilson, il cui ruolo venne preso poco dopo da George Schuller. Nei quattro dischi registrati finora (ricordiamo ancora Variations On A Master Plan della Leo più i successivi Spirals - The Berlin Concert e il recente Live At The Outpost Performance Space autoprodotti per l'etichetta 482 Music) il Conference Call s'è imposto come un organico di notevole ricchezza espressiva. La sua è un'identità forte, una sintesi convincente tra studi sulla forma d'ispirazione colta e libera improvvisazione. A questo s'aggiungono chiari legami col free storico (Dolphy, Ayler, Ornette) e solide relazioni con forme e stilemi della tradizione (dal blues alla dimensione cantabile e lirica del jazz d'anteguerra).
Nel concerto bolzanino, tenutosi al teatro comunale il 10 giugno, l'organico ha presentato nuove composizioni, che forse entreranno nel nuovo disco di prossima elaborazione. Di fronte a un pubblico non molto numeroso ma attento e competente, il quartetto ha presentato otto brani animati dall'incontro/scontro di situazioni antitetiche, in continua dialettica: tensione e distensione, senso della forma ed esplorazione astratta, scrittura e oralità, impressionismo ed espressionismo.
Una musica magnetica, ricca di sorprese e sostenuta da un continuo slancio esplorativo; profondamente libera e allo stesso tempo rigorosa nella calibratura delle dinamiche, capace di accostare momenti d'estrema delicatezza ad altri impetuosi, appassionanti iterazioni a sostegno di lunghi assoli informali. Il brano d'inizio, "Next Step" di Joe Fonda, già alternava energici momenti di libera improvvisazione (animati dal vibrante contrabbasso dell'autore) con episodi melodicamente cantabili con Ullmann al sax soprano. I temi successivi, evidenziavano altre avvincenti sequenze: i lunghi (e spesso lirici) interventi al piano solo di Stevens, lo scultoreo e passionale sostegno di Fonda, il libero e frammentato drumming di Schuller e il multiforme ruolo di Ullmann. Il multistrumentista tedesco s'è alternato al clarinetto basso, al sax tenore e al soprano dando la misura della sua identità espressiva: il clarinetto basso ha un fascino dolphiano mentre il tenore s'impone per la capacità di spaziare sui registri estremi (Shepp) fino a distendersi con voce magniloquente ricordando Ben Webster. Tra i brani di maggior fascino ricordiamo l'articolato "29 Shoes" di Ullmann, "Back To School" di Schuller ed l'intimo "What About The Future" di Stevens. Ma la ricchezza del Conference Call sta nella forza del collettivo, nella conoscenza reciproca che permette ad ognuno di raccogliere gli stimoli dei colleghi dialogando con empatia, senza cadute di tensione. Speriamo di poterli riascoltare presto.
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