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Bobo Rondelli
ByCantautore di razza, popolare fino al midollo - garantito dalla sua nascita livornese e dalla discendenza dal “maledetto” Piero Ciampi - Bobo Rondelli, dopo anni di cover e il successo di pubblico raggiunto alla metà degli anni ’90 con il gruppo degli Ottavo Padiglione, si è imposto agli occhi della critica e degli specialisti del jazz nel 2002, con il CD Disperati intellettuali ubriaconi. Quel lavoro conteneva brani tipici del suo repertorio, che percorre trasversalmente i temi della canzone, passando dalla poesia drammatica alla satira corrosiva e sboccata; ma, oltre a questo, conteneva gli arrangiamenti dell’allora emergente Stefano Bollani, che ne illuminava la scena con il suo pianoforte e portava con sé musicisti di qualità come il sassofonista Mirko Guerrini, il contrabbassista Raffaello Pareti, il violoncellista Damiano Puliti e il batterista Andrea Melani.
Da allora Rondelli è frequente e gradito ospite del Pinocchio Live Jazz, il principale jazz club fiorentino, ed anche in quest’occasione un vasto pubblico di appassionati ha gremito la sala. Accanto a lui, volato Bollani su altri palcoscenici, il pianoforte di Fabio Marchiori e il sax contralto di Dimitri Grechi Espinoza.
La serata ha offerto musica di buona qualità - Espinoza, nel suo ruolo di accompagnatore, è stato ben attento a non sovrastare la voce di Rondelli con il suo sax pirotecnico, ma ha anche avuto frequenti spazi per divertirsi e divertire il pubblico - ma soprattutto ha messo in scena una volta di più le doti di cantante, giullare, corrosivo critico e vero “animale” (da palcoscenico, ovviamente) di Rondelli.
In programma, alcune delle sue più celebri canzoni - da “Hawaii a Shangai” a “Disperati intellettuali ubriaconi”, da “A non so dove” a “Fiore nell’asfalto” -, qualche novità e citazioni da Tenco e Ciampi, che Rondelli reinterpreta ogni volta in modo diverso (talvolta esagerando un po’, ma fa parte dello spettacolo) con una voce ed un’intensità emotiva davvero da grande cantante. Oltre a questo, gli immancabili lazzi con il pubblico, le caleidoscopiche invenzioni - straordinarie quelle in musica, ogni volta in apparenza destinate a finire nel patetico ed invece immancabilmente riacciuffate e ricondotte nella cornice di uno humor inarrestabile.
In aggiunta, per l’occasione, la lettura di qualche poesia popolare (Livorno ha una lunga e onorevole tradizione di poesia politico-scurrile), tratta dal recentissimo libro dello stesso Rondelli, Compagni di sangue, edito da Titivillus (www.titivillus.it).
Certo, per un jazz club tutto ciò potrebbe apparire fuori luogo, anche perché lo spirito labronico non ha parentele palesi con quello afroamericano. Ma siamo sicuri che, alle origini, nei jazz club non si facesse proprio qualcosa del genere?
(Foto di Andrea Burzi)
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