Monks from the Spituk Monastery: Blessing

Singolare lo strumentario impiegato, ripartibile in tre categorie (a cui va aggiunta quella vocale): una doppia ancia quale il gyaling, dal caratteristico suono nasale (del resto comune all'intera famiglia, diffusa in tutto il mondo, che abbraccia oboe e cornamusa, launeddas e shenai, e via discorrendo), un ottone carico di suggestioni quale il dungchen, del tutto simile al corno delle Alpi, e percussioni varie.

Tali entità vengono proposte nel CD in oggetto dapprima separatamente e poi via via riunite. Così i tre "Nyansan" iniziali presentano gyaling e dungchen insieme (il primo) e ognuno per suo conto (secondo e terzo), mentre nel quarto episodio, "Sertreng," debuttano le percussioni (sempre con gyaling e dungchen presenti) e nel quinto, "Chodpa Chinlab," anche le voci. Quanto segue procede su questa direttrice, con un impatto iniziale di notevole pregnanza emotiva, e poi via via, per forza di cose, col ripetersi delle situazioni precedenti, in un paio di casi (sesto e settimo brano) anche su durate decisamente consistenti.

Colpisce ovviamente la straordinaria portata ancestrale del tutto, che—a noi jazzofili—fa venire in mente, per esempio (ritualità compresa), lo svolgersi di un'opera-cardine come Ascension (ci permettiamo di rimandare, in questo senso, a quanto scritto a suo tempo nella seconda puntata di Psychotrane), ma anche il basilare For Trio di Anthony Braxton (1977).

Certo una struttura che definiremmo "a folate," con inevitabili, insistite ripetizioni dei medesimi stilemi, non facilita la fruizione da parte dell'ascoltatore occidentale. Che tuttavia non potrà fare a meno di subire la straordinaria suggestione del tutto.

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