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Bill Frisell Trio al Teatro President, Piacenza

Bill Frisell Trio al Teatro President, Piacenza
Assistere ad un concerto di Bill Frisell è sempre un'esperienza sorprendente a prescindere dal progetto e dai compagni di viaggio presenti di volta in volta sul palco. Perché ogni esibizione del chitarrista di Baltimora, è un crocevia di emozioni, un diario di viaggio nel quale i ricordi, le esperienze, gli incontri di una vita emergono non nel segno di una nostalgica celebrazione ma piuttosto in quello di una vibrante visione della contemporaneità.

Ed è quello che, potremmo dire inevitabilmente, è accaduto anche al Teatro President di Piacenza in occasione del concerto finale del Piacenza Jazz Festival, evento realizzato in collaborazione con Jazz Network-Crossroads. Sul palco oltre Frisell, il violista Eyvind Kang ed il batterista Rudy Royston, ossia il trio di Beautiful Dreamers, album di debutto per Savoy risalente all'ormai lontano 2010.

Qualche volta i sogni si trasformano in realtà, e il trio non ha lesinato piacevolezze e ghiottonerie di sorta. Dalla semplicità delle linee melodiche, dalla essenzialità tematica Frisell ha la capacità di costruire mondi sonori unici, contrassegnati da una poderosa forza evocativa grazie al sapiente uso dei timbri e delle dinamiche. Dal nulla, dai sussurri, da accenni di ipotesi, attraverso un progressivo accumulo di materiale sonoro nascono affreschi magnifici e immaginifici, che nascondono pennellate di visionarietà.

Il trio è splendido anche quando abbandona sottigliezze e pudori per sonorità ruvide, quasi scabrose, con pesanti riff dal sapore country e dal retrogusto acido. Senza dimenticare infine gli amati standard che nelle mani di Frisell si trasformano in preziose testimonianze dell'arte della rilettura. Pur figurando Frisell come l'indiscusso cerimoniere, ruolo decisivo rivestono Royston e Kang. Il primo con un drumming quasi rutilante, a volte leggermente sopra le righe, porta il fluire sonoro verso dimensioni epiche, ma sa anche lavorare di fino quando alle pennellate vigorose si sostituiscono lievi tocchi color pastello. Il violista alterna sequenze minimali ed un fraseggio canonico con guizzi improvvisi, dissonanze e stridore di corde in una danza sabbatica che trova più di un esaltante momento.

Foto (di repertorio)
Matt Marshall.

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