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Andrea Grossi Blend3 al Pinocchio Live Jazz

Andrea Grossi Blend3 al Pinocchio Live Jazz

Courtesy Annamaria Lucchetti

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Andrea Grossi Blend3
Pinocchio Live Jazz
Firenze
26 gennario 2025

Arrivati sul palcoscenico fiorentino del Pinocchio sull'onda dello strepitoso disco Axes, realizzato assieme al batterista statunitense Jim Black (classificatosi secondo nel Top Jazz di Musica Jazz tra i dischi italiani), i Blend3 hanno dimostrato che la loro proposta musicale funziona e affascina anche in assenza del formidabile "amico americano." Del resto, la formazione nata per volontà del contrabbassista Andrea Grossi (anche lui secondo miglior nuovo talento nel Top Jazz) ha sempre fatto dell'assenza della batteria un tratto caratteristico, che facilita una più fluida fusione delle linee disegnate dai tre strumenti —oltre il contrabbasso, la chitarra di Michele Bonifati e il sax contralto di Manuel Caliumi. Esattamente quel che è accaduto sul palco del Pinocchio.

Il concerto, piuttosto lungo e diviso in due set di circa una quarantina di minuti ciascuno, è proceduto quasi senza soluzione di continuità: i tre artisti, che suonano assieme da oltre sette anni, poggiano sì la musica su composizioni, ma mandate a memoria, così da poterle modificare a piacimento, anche mescolandole o aggiungendovi non solo improvvisazioni ma anche altri materiali tematici. La formazione ha un assetto continuamente variabile, non solo facendo prendere la direzione ora all'uno, ora all'altro, ma anche frazionandosi in duetti. Necessariamente portante il ruolo svolto da Grossi, che con un suono corposo, profondo e potente ne costituisce l'ossatura, alternando con agile naturalezza pizzicato e archetto; Bonifati, con il suo personalissimo modo di interpretare la chitarra elettrica, in qualche misura disegna i contorni della creatura musicale, ora con fraseggi nitidi, ora lavorando sul suono e creando sfondi cromatici; Caliumi, infine, si occupa della "materia," interpretando anche lui il proprio strumento in modo molto personale —in alcuni momenti teso e veloce, in altri invece più astratto e frammentato, in altri ancora persino espressionistico, con l'uso di stilemi estremi.

Ma se questi cenni possono dare l'idea del lavoro svolto da ciascun singolo, quel che arrivava all'ascoltatore nel corso del concerto —e in misura via via crescente, forse perché i tre ci prendevano sempre più gusto, forse perché la postura d'ascolto si faceva sempre più chiara e comoda —era il suono complessivo della formazione: e questo, va detto, è qualcosa di davvero unico, fatto com'è di un continuo intrecciarsi delle linee, ciascuna cangiante e perciò producente una fittissima rete colorata, un caleidoscopio magico, seguire il quale aveva un effetto ipnotico straniante e affascinante. Musica scritta che sembra improvvisata, anche perché di fatto lo è, per quanto nasca da materiale scritto; musica mutevole, serpeggiante, intrecciata, e però anche con un proprio ordine, tangibile quanto basta per non far mai perdere il filo all'ascoltatore.

Musica non facile, si potrebbe dire. Vero. Forse. Perché, di fatto, l'impressione destata dal concerto è stata un'altra, forse per la semplicità che emanavano i musicisti all'opera, forse perché—dopo un po'—una musica così è lei stessa a occuparsi dell'ascoltatore, a trasportarlo e conquistarlo. Come dimostra il fatto che il pubblico presente (non scarso, ma purtroppo un po' inferiore al solito, causa altri spettacoli in contemporanea) è rimasto in religioso silenzio fino alle una di notte, ha applaudito e acclamato i musicisti, fermandosi anche a complimentarsi.

Forse proprio un mondo no, ma almeno un'altra musica è possibile.

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