Samuel Blaser: 7th Heaven

Strumentista completo e di spessore, il ragazzo padroneggia il ferro del mestiere con destrezza e sublime eleganza: il modello di Albert Mangelsdorff ben fisso davanti agli occhi e i grandi del passato a carezzargli la coulisse. Un talento cristallino quello di Blaser, messo al servizio di un’intelligenza che si palesa innanzitutto nella costruzione degli assoli, architetture che, partendo da semplici intuizioni, pazientemente, quasi ossessivamente, prendono forma e sostanza.

Il tutto al servizio di un’attitudine compositiva di notevole caratura, per un mainstream moderno e dal respiro profondo, ricercato e raffinato senza perdere un grammo della propria impalpabile leggerezza. Apice della scaletta, interamente firmata da Blaser, la “Métamorphose Suite” è un piccolo saggio di ricamo, impreziosito da continui cambi di ritmo, temi complessi e arzigogolati, improvvise rarefazioni, rimescolamenti di suoni e colori.

Ottimo il sostegno dei compagni di ventura, con il sorprendente Thomas Morgan al contrabbasso e il solito, straordinario, Gerald Cleaver alla batteria, motore fluido e cangiante. Discorso a parte per Scott Dubois (pupillo di casa Soul Note recentemente ascoltato in Tempest), chitarrista dalle dita agili e dal gusto ricercato, forse un po’ penalizzato da un sound cupo e da un riverbero eccessivo - problemi di missaggio? -, ma senz’altro capace di ritagliarsi un ruolo di primo piano nelle zigzaganti traiettorie del quartetto.

Insomma, non sarà proprio il settimo cielo tirato in ballo dal titolo del disco, ma senz’altro si vola ad alta quota.

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