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Wim Mertens al Festival delle Colline
Wim Mertens
Festival delle Colline
Rocca di Carmignano
25.7.2019
Il Festival delle Colline è una rassegna storica per l'area di Firenze-Prato-Pistoia, dalla quale per anni sono passate alcune delle più interessanti proposte internazionali della musica popolare, della world music e più in generale della musica creativa, spesso accompagnate da altre manifestazioni artistiche come il teatro e le mostre fotografiche. Come atto conclusivo (e di maggior richiamo) dell'edizione 2019, che celebrava anche il quarantesimo anno di vita della rassegna, era in programma nella suggestiva sede della Rocca di Carmignano un concerto in solitudine del pianista e compositore Wim Mertens, uno dei più autorevoli interpreti del minimalismo.
Il musicista belga, affermatosi a partire dagli anni Ottanta grazie all'utilizzo di alcuni suoi brani per film (si ricordi Il ventre dell'architetto di Peter Greenaway, regista che ha contribuito all'affermazione anche di Michael Nyman), fonde nella sua musica stilemi della contemporanea e ispirazioni del progressive, poggiando su un approccio che deve molto al minimalismo ma anche alla ricerca ritmico-percussiva del pianoforte. Come spesso accade con questo tipo di musica, le cose migliori dipendono molto dall'ispirazione lirica dei temi, ma diversamente da altri compositori che potrebbero essergli superficialmente avvicinati Mertens nella propria musica si avvale in modo decisivo della continua variazione: dal punto di vista timbrico, dinamico, ritmico e talvolta persino melodico, visto che alcuni dei suoi brani più celebrati "svoltano" imprevidibilmente nei temi anche anche ripetutamente.
Va da sé che una più completa gestione delle variazioni sia possibile in ensemble complessi, quali infatti quelli con i quali Mertens ha realizzato alcune delle sue opere più interessanti (tra le tante, essendo egli molto prolifico, ricordiamo per esempio il triplo album Integer valor, del 1998); in quest'occasione egli si presentava da solo al pianoforte e ha perciò dovuto supplire in altro modo alla limitata varietà cromatica; per esempio, affiancando alla tastiera la propria vocecome spesso ha fatto in passato in concerto e anche negli album, da After Virue a Jeremiadesin un canto che canto non è, essendo privo di contenuti semantici e giocando esclusivamente sulla comunicazione emotiva delle sonorità. Una cosa che può non piacere a tutti, ma che è non solo personalissima fino all'unicità, ma anche senz'altro suggestivamente espressiva.
In una cornice che contribuiva molto alla suggestioneil palcoscenico era stato allestito sulle mura al bordo del giardino della Rocca e presentava dall'alto lo sfondo delle luci di tutta la piana metropolitana, dietro alla quale si intravedevano i profili dell'AppenninoMertens ha proposto una ventina di brani, in parte cantati e in parte solo strumentali, tratti sia dai suoi ultimi lavori (That Which Is Not e il recentissimo Certain Nuances Excepted), ma anche alcune sue pietre miliari, quali per esempio la notissima e sempre coinvolgente "Maximizing the Audience." Notevoli, in particolare, alcuni brani nei quali il lavoro di variazione era quasi interamente basato sull'alternanza ritmica, giocata nei risvolti dei temi melodici con piccoli cambiamenti di note, con ribatture o accentuazioni percussive; espedienti che potrebbero sembrare banali, ma che nella loro sofisticata elaborazione si dimostravano estremamente raffinati.
Il pianista, senza risparmiarsi e concludendo madido di sudore, ha alla fine offerto oltre un'ora e mezzo di musica, forse non tutta allo stesso livello (inevitabilmente sono emerse alcune ridondanze), ma certo affascinante e interamente godibile. E infatti assai apprezzata da un pubblico piuttosto folto e attento, nonostante una certa scomodità dell'evento (erta salita fino alla Rocca in una serata caldissima e platea su prato scosceso senza né poltrone, né sedute di sorta): segno che talvolta la bellezza ha la meglio anche sul confort, cosa non scontata nella società in cui viviamo.
Foto di repertorio.
Festival delle Colline
Rocca di Carmignano
25.7.2019
Il Festival delle Colline è una rassegna storica per l'area di Firenze-Prato-Pistoia, dalla quale per anni sono passate alcune delle più interessanti proposte internazionali della musica popolare, della world music e più in generale della musica creativa, spesso accompagnate da altre manifestazioni artistiche come il teatro e le mostre fotografiche. Come atto conclusivo (e di maggior richiamo) dell'edizione 2019, che celebrava anche il quarantesimo anno di vita della rassegna, era in programma nella suggestiva sede della Rocca di Carmignano un concerto in solitudine del pianista e compositore Wim Mertens, uno dei più autorevoli interpreti del minimalismo.
Il musicista belga, affermatosi a partire dagli anni Ottanta grazie all'utilizzo di alcuni suoi brani per film (si ricordi Il ventre dell'architetto di Peter Greenaway, regista che ha contribuito all'affermazione anche di Michael Nyman), fonde nella sua musica stilemi della contemporanea e ispirazioni del progressive, poggiando su un approccio che deve molto al minimalismo ma anche alla ricerca ritmico-percussiva del pianoforte. Come spesso accade con questo tipo di musica, le cose migliori dipendono molto dall'ispirazione lirica dei temi, ma diversamente da altri compositori che potrebbero essergli superficialmente avvicinati Mertens nella propria musica si avvale in modo decisivo della continua variazione: dal punto di vista timbrico, dinamico, ritmico e talvolta persino melodico, visto che alcuni dei suoi brani più celebrati "svoltano" imprevidibilmente nei temi anche anche ripetutamente.
Va da sé che una più completa gestione delle variazioni sia possibile in ensemble complessi, quali infatti quelli con i quali Mertens ha realizzato alcune delle sue opere più interessanti (tra le tante, essendo egli molto prolifico, ricordiamo per esempio il triplo album Integer valor, del 1998); in quest'occasione egli si presentava da solo al pianoforte e ha perciò dovuto supplire in altro modo alla limitata varietà cromatica; per esempio, affiancando alla tastiera la propria vocecome spesso ha fatto in passato in concerto e anche negli album, da After Virue a Jeremiadesin un canto che canto non è, essendo privo di contenuti semantici e giocando esclusivamente sulla comunicazione emotiva delle sonorità. Una cosa che può non piacere a tutti, ma che è non solo personalissima fino all'unicità, ma anche senz'altro suggestivamente espressiva.
In una cornice che contribuiva molto alla suggestioneil palcoscenico era stato allestito sulle mura al bordo del giardino della Rocca e presentava dall'alto lo sfondo delle luci di tutta la piana metropolitana, dietro alla quale si intravedevano i profili dell'AppenninoMertens ha proposto una ventina di brani, in parte cantati e in parte solo strumentali, tratti sia dai suoi ultimi lavori (That Which Is Not e il recentissimo Certain Nuances Excepted), ma anche alcune sue pietre miliari, quali per esempio la notissima e sempre coinvolgente "Maximizing the Audience." Notevoli, in particolare, alcuni brani nei quali il lavoro di variazione era quasi interamente basato sull'alternanza ritmica, giocata nei risvolti dei temi melodici con piccoli cambiamenti di note, con ribatture o accentuazioni percussive; espedienti che potrebbero sembrare banali, ma che nella loro sofisticata elaborazione si dimostravano estremamente raffinati.
Il pianista, senza risparmiarsi e concludendo madido di sudore, ha alla fine offerto oltre un'ora e mezzo di musica, forse non tutta allo stesso livello (inevitabilmente sono emerse alcune ridondanze), ma certo affascinante e interamente godibile. E infatti assai apprezzata da un pubblico piuttosto folto e attento, nonostante una certa scomodità dell'evento (erta salita fino alla Rocca in una serata caldissima e platea su prato scosceso senza né poltrone, né sedute di sorta): segno che talvolta la bellezza ha la meglio anche sul confort, cosa non scontata nella società in cui viviamo.
Foto di repertorio.