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Evan Parker: Time Lapse

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Evan Parker: Time Lapse
A leggere le note di copertina, Time Lapse potrebbe sembrare uno dei tanti bei lavori della prolifica produzione di Evan Parker. Si tratta sempre di lavori di alto profilo, ognuno dei quali apporta qualcosa di nuovo nella tecnica e nel suono. Ma si tratta allo stesso tempo di lavori che vanno ascoltati come parte di un complesso discorso [ben comprensibile se visto nelle produzioni della label PSI] che, se presi a frammenti, nel contesto dei singoli CD, possono rischiare di perdere parte di quel senso [esplosivo] generale che hanno.

È vero anche che forse si pretende troppo dallo stesso Evan Parker quasi dovesse ogni volta quasi dare conto della “novità”, senza tenere presente che, in una così prolifica carriera, non è detto che il percorso di ricerca debba necessariamente essere fatto sempre e solo di tappe in progressione...

In Time Lapse è lo stesso sassofonista a spiegare tecniche e sviluppi del proprio lavoro con il tono del musicista che consegna alle stampe un’opera aperta non ancora pienamente conclusa. Una sorta di work in progress dove la ricerca sugli aspetti tecnici ha contato senza dubbio maggiormente che qualsiasi altro aspetto e dove molti elementi sono lasciati aperti perché non indagati e sfruttati fino in fondo.

Gli 11 brani nascono tutti da numerose registrazioni in studio - effettuate tra il 1996 e il 2001 presso lo studio della Kingston University usato come sala prove della London Sinfonietta. Il carattere brillante e pieno della sonorità gioca davvero a favore di Parker e conta non poco nel giudizio, alla fine estremamente positivo, di questo lavoro. Le 11 sequenze scelte alternano brani in sovra-incisione ad altri rigorosamente in solo. I pezzi “in overdub” sono chiaramente quelli oggetto della maggiore ricercatezza tecnica: in alcuni Parker sperimenta l’ambientazione giocando su differenti effetti (“background” vs “foreground”); in altri è il gioco di voci a prevalere; in altri ancora prevale il mezzo di registrazione e il gioco di strutture tecniche. Ripetizione e improvvisazione rimangono per tutte le sequenze/brani i perni d’appoggio teoretico e tecnico attorno ai quali ruota il sassofono di Parker.

Ma al di là della registrazione tecnica, pur affascinante ma di per sé non strabiliante né particolarmente originale, ciò che rende questo lavoro davvero bello è il suo carattere astratto e decisamente “lacyiano”. Non a caso la terza sequenza è un omaggio in solo, “Thenody for Steve Lacy”, a quello che viene definito “il genio, amico e santo patrono del sassofono soprano”.

Parker agisce alla Lacy nelle registrazioni in solo e anche in parte nel sovraincidere la propria voce del sassofono soprano. Non solo. Parker sembra sentire come Lacy. Forse con una sensibilità meno acuta, inevitabilmente più scaltra e attenta “a sperare di fare quel qualcosa di nuovo” [come dichiara anche nelle note di copertina!]. Negli interstizi, laddove il vuoto della sala di registrazione si trasforma in silenzio, la metamorfosi di Parker in “lacyiano” diventa il vero e profondo valore aggiunto di questo frammento, forse troppo depurato e da cui forse andava fatte emergere maggiore introspezione. Ma se così fosse stato forse avremmo ascoltato Steve Lacy e non più Evan Parker.

Track Listing

1. Ak-Kok-Deer; 2. Monkey's Fist; 3. Threnody for Steve Lacy; 4. Gees Bend; 5. Those Doggone Dogon; 6. Time Lapse; 7. Pulse and the Circulation of the Blood; 8. Organ Point; 9. The Burden of Time; 10. Alone on a Long Hard Road; 11. Chorus After Alaric 1 or 2 for Gavin Bryars.

Personnel

Evan Parker
saxophone, soprano

Evan Parker (sassofono soprano, organo).

Album information

Title: Time Lapse | Year Released: 2007

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