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Things We Like: Aprile 2012

Vittorio Albani

È dai primi freddi della scorsa stagione autunnale che sto ascoltando quasi di nascosto, con regolarità assoluta, con voglia di neve che poi scende a valanga in posti dove la vedono di rado e che invece qui dove vivo dovrebbe essere prassi, un disco che si chiama 50 Words for Snow e che riporta alla luce una delle più enigmatiche figure del pop moderno. Lei risponde al nome di Kate Bush e ormai da molti anni sembra pensare ad altro piuttosto che alle cose musicali. Che evidentemente, però, non dimentica di avere nel DNA. Così, come la neve lieve, tira fuori dal cappello uno di quei dischi come se ne sentono pochi, fatto di tali silenzi e fragilità che resti senza parole e ti avvolge come pochi altri e ti ritrovi a riprogrammare quasi giornalmente con la voglia antica di far riposare occhi e orecchie.

Non mi interessa che si tratti di "un disco invernale," come il solito ricercatore della raffinatezza lessicale è andato a battezzare. Queste 50 parole per la neve sono ciò che di meglio mi sia capitato di ascoltare in questi ultimi mesi: tocchi rarefatti e accenni flebili in omaggio a ciò che la musica dovrebbe anche saper primariamente comunicare. Non importa citare l'intelligente scelta di archi appena percettibili, la presenza di Steve Gadd o addirittura la voce di Elton John come non la sentivi dai tempi di Tumbleweed Connection. In pura e totale controtendenza, Caterina da Bexleyheath cavalca ancora una volta fantasia e semplicità disarmanti, costruendo pupazzi che non si sciolgono per nulla perché così riescono solo a chi, in terra d'Albione, conosce la magia di giocare con l'avventura.

Per il resto due letture peraltro nemmeno fresche di stampa: "L'ultimo dei Mohicani" scritto da Maurizio Blatto, uno dei mitici gestori di Backdoor di Torino (se avete mai lavorato in un negozio di dischi o avete amato "Alta Fedeltà" di Hornby potreste divertirvi molto) e "Educazione siberiana" di Lilin Nicolai, altro "upside down" che racconta tradizioni, cultura e folklore fuori dal tempo del dignitoso popolo criminale della Transnistria e del quale se prima che se ne parlasse pubblicamente (Salvatores ne farà un film), non ne avessi avuto notizia leggendo perle di saggezza da John Malkovich, avrei pensato fosse tutto uno scherzo. A parte poi il fatto che vorrei capire come fa uno che vive in Italia da pochi anni a scrivere per Einaudi in quel modo (direttamente in italiano, intendo!) e, ancora a parte, correggere bozze del prossimo libro del mio scrittore italiano preferito, Aldo Gianolio, anche se per quello (ma lui pare non s'incazzi) me la prendo comoda.

Per finire (come non citarlo) l'ordine dell'edizione limitata del nuovo, primo lavoro solista di Paul Buchanan Mid Air in uscita ufficiale il giorno del mio onomastico... ma dato che prima o poi della straordinario caso del Nilo Blu e delle sue incredibili storie limitrofe bisognerà scrivere seriamente, rimando considerazioni promettendo cartoline.

Francesca Odilia Bellino

Ci sono musicisti che rappresentano dei punti di riferimento con cui nel tempo bisogna fare i conti. Wadada Leo Smith è uno di questi. Una luce. Una mente. Un'anima nera. Da ascoltare, voce e tromba, ovunque capiti.

Propongo le quattro parti di un'intervista a Wadada Leo Smith svoltasi nella San Francisco Library of the Performing Arts. Una situazione che ha dello psicanalitico.

Parte 1: Performance

Parte 2: What a Composer Does

Parte 3: Rhythm Units in the Composition "The Bell".

Parte 4: Ankhrasmation: Luminous Axis.

Un altro momento da ascoltare è una lunga conversazione con Larry Appelbaum svoltasi presso la Library of Congress (20 Nov 2011). Abbandonata la psicanalisi, si passa alla storia e alle riflessioni.

Enrico Bettinello

La presentatrice del Festival Jazz di Sanremo nel 1963.

La ristampa del disco di Jimmy Lyons con Sunny Murray e John Lindberg a Willisau nel 1980, non nuova, ma sempre affascinante!

Finalmente in libreria due storie del jazz: quella di Shipton tradotta da Einaudi e quella di Zenni per Stampa Alternativa. Non di solo Polillo vivrà l'uomo italico, d'ora in poi...

Il nuovo disco in trio di Jeff Parker, Bright Light In Winter, di quelle cose che ti metti a ascoltare senza sosta e nemmeno te ne accorgi...

Onore a Billy Hart, non solo per la sua indiscutibile statura di batterista, ma anche per aver saputo radunare attorno a sé i musicisti più adatti a suonare una musica ancora freschissima: Ethan Iverson, Ben Street e Mark Turner. Il nuovo disco, All Our Reasons è ECM...

Luca Canini

AUDIO. Neneh Cherry & The Thing (Mats Gustafsson, Ingebrigt Håker Flaten e Paal Nilssen-Love) che rifanno un pezzo dei Suicide. Se sto sognando, svegliatemi. Anzi, no.

VIDEO. Gli Exploding Costumer di Martin Küchen. Il brano è "Child, Child". Un bel calcio nel didietro a chi pensa o dice che il jazz ha poco da dire ai tempi nostri.

AUDIO (NOSTALGIA). Il violino di Leroy Jenkins che torna ciclicamente a farmi visita per vie inattese e sorprendenti.

AUDIO. E la viola di Szilárd Mezei.

VIDEO. Pare che a qualcuno sia venuto in mente di fare un film su Nels Cline. A chi? A Steven Okazaki, e non finirò mai di ringraziarlo per aver avuto questa strepitosa idea.

AUDIO. Lou Reed e Ornette Coleman per sette. Ornette Coleman e Lou Reed per sette. Non serve aggiungere altro.

Maurizio Comandini

Olivia Harrison a "Che Tempo Che Fa" di Fabio Fazio: la vedova di George, è stata ospite del programma di Fabio Fazio "Che Tempo Che Fa" per presentare il film "Living in the Material World" di Martin Scorsese, dedicato per l'appunto al marito scomparso undici anni fa. Il film è andato nelle sale italiane per un solo giorno, il 19 aprile, ma è facilmente disponibile in versione DVD. È un omaggio appassionato che merita di essere visto più volte. Un lungo documentario che, raccontando la storia di George Harrison, narra inevitabilmente anche la storia dei Beatles e la storia della musica pop che proprio coi Beatles ha raggiunto il vertice massimo. Olivia Harrison è stata molto convincente e ha risposto in maniera intensa e delicata alle domande come sempre a metà fra ironia e ingenuità di Fazio. La chiusura è stata affidata ad una frase tratta dal brano di George "The Flying Hour": "The past it is gone, the future may not be at all, the present improve the flying hour". Per chi si fosse persa la trasmissione televisiva può andare su youtube.

Libero Farnè

Jazz in rosa: l'8 marzo è passato da quasi due mesi; in ritardo quindi segnalo due CD di formazioni in cui le donne hanno il ruolo di protagoniste, formazioni che sono accomunate casualmente dal fatto di aver partecipato al festival di Roccella Jonica 2011.

Mazz Swift - Tomeka Reid - Silvia Bolognesi: Hear in Now (Rudi, 2011).

In questo CD edito pochi mesi fa dalla Rudi la quota rosa raggiunge il 100%. Il congeniale sodalizio, nato nel 2009, propone un jazz dall'impostazione austera e cameristica, ma estremamente attuale, coriaceo e vitale. Un dialogo naturale lega le tre comprimarie, tutte dotate di una decisa personalità, di un sound dalla densa consistenza, di una conduzione concentrata, visionaria e mai banale del fraseggio.

Le composizioni (due della violinista Swift, due della violoncellista Reid e tre della contrabbassista senese, mentre un brano è a firma congiunta) si saldano all'improvvisazione, intrecciando danza e decantazione, lirismo e narrazione, melismi esotizzanti e concreta sperimentazione. Un disco davvero notevole, che fra l'altro testimonia il preciso orientamento della nuova etichetta di Roma.

Cristina Zavalloni: La donna di cristallo (Egea, 2012).

A giorni è prevista l'uscita di questo nuovo e atteso lavoro, di cui ho avuto modo di ascoltare il promo; la cantante bolognese è sostenuta dalla Radar Band, nuova formazione comprendente Fulvio Sigurtà, tromba, Massimo Moranti, trombone, Cristiano Arcelli, contralto, Giacomo Riggi, vibrafono, Michele Francesconi, piano, Daniele Mencarelli, basso elettrico, Alessandro Paternesi, batteria, Enrico Pulcinelli, percussioni.

La Zavalloni si conferma musicista completa: leader autorevole e interprete versatile, le cui acrobazie vocali risultano di volta in volta finalizzate al contenuto dei testi, dei quali è autrice, insieme alla musica.

In questa operazione si rivelano determinanti i sofisticati arrangiamenti di Cristiano Arcelli, di derivazione neo-cool, che danno pieno risalto alla voce e ai significativi interventi dei vari componenti della band.

Angelo Leonardi

Il disco più avvincente che ho ascoltato di recente è quello, appena uscito, del percussionista sloveno Zlatko Kaucic Zvocna Polja Za T.S. - Sound Fields for T. S., una visionaria suite in nove movimenti, che lega, con sorprendente efficacia, jazz e rock con quadri sinfonici di taglio contemporaneo. La musica di Kaucic è eseguita dal suo Kombo (con Herb Robertson e Bruno Cesselli in qualità di ospiti) e dall'orchestra sinfonica Rara Roža.

Fabio Morgera fa la spola tra New York e l'Italia ed ora pubblica il suo primo disco live, ripreso a Prato nel 2009. Con lui (alla tromba e al flicorno) suonano l'ottimo vibrafonista greco Christos Rafalides, da anni residente nella Grande Mela, e i nostri Paolo Ghetti al contrabbasso e Dario Cecchini al soprano e flauto. Musica di qualità in un repertorio quasi tutto di standard.

La collaborazione che è nata da qualche anno tra Pietro Tonolo e Joe Chambers li vede protagonisti in Passport, pubblicato da Parco della Musica. Con loro sono il pianista Jorge Rossy e il contrabbassista Arnie Somogyi. È un album di grande raffinatezza che spero trovi i dovuti riconoscimenti.

La cantante franco-africana Sandra Nkaké continua ad affascinarci col suo personale soul anche nel recente Nothing For Granted. Ma ai vertici del suo lavoro resta "Fairy Tales", un brano da (ri)ascoltare che non ha nulla da invidiare ai migliori esempi del genere che fa parte dell'album di qualche anno fa Mansaadi.

Vittorio Lo Conte

Johannes Tonio Kreusch è molto stimato fra i chitarristi classici come esecutore appassionato di musiche ispano-americane. Sa pure improvvisare e suonare il jazz, spesso in compagnia del fratello Cornelius Claudio Kreusch, pianista. Proprio per questo il suo nuovo disco Hommage à Heitor Villa-Lobos (GLM) inchioda subito. Non perchè si prenda troppe libertà nei confronti della partitura o perchè tiene pigiato al massimo il pedale dell'accelleratore. Ma per la sua pronuncia un pò speciale e quel feeling che solo i jazzisti sanno esprimere. Oltre ai famosi "Preludios Para Violao (Guitarra)" ci sono "Cinco Preludios Homenaje a Heitor Villa-Lobos" del compositore contemporaneo cubano Tulio Peramo Cabrera. L'ascolto è pure un affascinante incontro con le possibilità tecniche degli studi di registrazione.

Dopo l'ascolto del chitarrista passo a quello del fratello Cornelius Claudio. Heart & Soul (GLM) è il suo quinto disco in solo. Dietro la facciata da musica in giacca e cravatta, specie il brano d'apertura, che sembra di un collega neomelodico alla Allevi che abbia preso un pò di steroidi, il pianista tedesco sfoggia una forza fisica ed emozionale che solo pochi sanno usare con tanta perizia.

Stefano Merighi

Tempi ricostituenti. Cos'altro meglio di Al Green?

Al di là di playlist casuali, sublime riascoltare "Simply Beautiful", tra i pezzi più sensuali di sempre (il disco è I'm Still in Love with You) seguito dalla versione azzeccata fornita da Arto Lindsay in Mundo Civilizado.

Repeat...

Il catalogo della memoria è dedicato questo mese a Lucky Thompson, tra i più arguti sassofonisti del bop e post-bop. C'è l'imbarazzo della scelta tra le sue innumerevoli incisioni, ma se avete voglia di stupirvi consiglio una "Don't Blame Me" (Lucky Sessions - Vogue) da brivido, anno 1956, con Martial Solal al piano...

Il solo di Lucky toglie il fiato.

Un'istantanea "live" riguarda Cooper-Moore, ascoltato con i Digital Primitives (Assif Tsahar, Chad Taylor) in forma smagliante. Egli è uno scrigno di saggezza blues, può narrare aneddoti di notevole interesse riguardanti gli anni '70, sul palcoscenico ha un carisma ammaliante con i suoi strumenti improbabili eppure efficacissimi. Uno da cui imparare.

La scoperta recente riguarda Kyle Bruckmann, oboista di stanza a Oakland, spesso attorniato però dai chicagoani, in testa il clarinettista Jason Stein ed il batterista Tim Daisy.

Il suo gruppo Wrack è davvero notevole, il disco di riferimento è Cracked Refraction, con musiche dinoccolate, aggressive ma anche soffici e astratte, braxtoniane e zappiane nello stesso tempo. Ora ha inciso per la New World invitando il Rova al completo. Chissà chi l'ha già ascoltato...

Infine un balsamo che non è mai lontano dal lettore CD. Parlo di Scar, di Joe Henry. L'attacco alcolico di "Richard Pryor Addresses Tearful Nation" è destabilizzato da un lungo solo di Ornette Coleman completamente fuori tonalità, un intervento celestiale e totalmente irresponsabile.

Neri Pollastri

"Larsong," splendido brano in solitudine che il fisarmonicista Guy Klucevsek dedica allo scomparso compagno di strumento Lars Holmer, traccia eminente dello splendido disco The Multiple Personality Reunion Tour.

Il bel capitolo su Marcello Melis nel libro "Sardinia Hot Jazz" di Claudio Loi (Alpsa Edizioni): anche se sinteticamente, schizza il profilo di un uomo (prima ancora che di un musicista) di grande coraggio e apertura, ma anche di anni in cui queste doti erano assai più diffuse di oggi.

Vincenzo Roggero

Lama - Oneiros (Clean Feed - 2012): Trio (Susana Santos Silva, tromba, Goncalo Almeida, basso, Greg Smith, batteria) dagli equilibri talmente perfetti da risultare costantemente sul filo del rasoio. La tromba di Susana arriva da Bill Dixon, fa comunella con Rob Mazurek e Cuong Vu, possiede la fragilità evocativa di Chet Baker. Ed è talmente personale che sembra provenire da un altro pianeta. Poesia e avanguardia al potere.

Luigi Santosuosso

21 aprile: Chilly Gonzales, musical genius. Almeno così si auto-definisce, con un mix di fondatezza e innato talento per l'auto-promozione, Jason Charles Beck (canadese di nascita, europeo d'adozione) produttore (Feist, Jamie Lidell, Jane Birkin...), cantante, pianista post-satieiano, autore di melodie contagiose, maestro del dance floor, intrattenitore, oltre che detentore del record mondiale di solo-performance (27 ore, 3 minuti e 44 secondi). Il suo 'Piano Talk Show' in pantofole e vestaglia al Le Poisson Rouge il 21 aprile è senza difficoltà una delle cose più originali viste negli ultimi mesi. Un misto di concerto, stand-up comedy, geniali interazioni con il pubblico (incluso un inaspettato duetto con un giovane autodidatta "aspirante Gonzales") e lezioni di musica come metafora per la comprensione delle dottrine politiche. Impossibile non sognare che cosa potrebbe succedere da un duetto/duello tra lui e Stefano Bollani...

24 aprile: un'oretta accovacciati un metro dietro a Ryuichi Sakamoto in una delle tre rarissime serate nel minuscolo Stone di John Zorn (70/80 persone di capienza, a starci stretti). Musica eterea ed algida con sprazzi del melodismo cinematografico che l'ha reso famoso. A fare la differenza, il rametto d'incenso che spargeva profumi d'oriente a fianco al pianoforte e il senso di complice intimità tra gli spettatori e l'artista di coolness infinita. Quando l'ambiente fa molto più dell'ambient...

30 aprile: International Jazz Day. Su iniziativa di Herbie Hancock e dell'UNESCO d'ora ogni anno si celebrerâ la giornata internazionale del jazz il 30 aprile. Dopo l'anteprima tenuta ai quartieri generali UNESCO a Parigi il 27 aprile, lunedì scorso le celebrazioni vere e proprie a New Orleans e a New York. In quest'ultima, nella sala dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con una serie infinita di musicisti e personalità. Oltre ad Hancock e al padrone di casa Ban Ki-Moon, tra gli altri, ed in ordine rigorosamente alfabetico, in puro stile Nazioni Unite: Tony Bennett, Terence Blanchard, Richard Bona, Dee Dee Bridgewater, Candido, Robert Cray, Eli Degibri, Jack DeJohnette, George Duke, Sheila E., Jimmy Heath, Hiromi, Zakir Hussain, Romero Lubambo, Shankar Mahadevan, Wynton Marsalis, Hugh Masekela, Christian McBride, Danilo Pérez, Dianne Reeves, Bobby Sanabria, Wayne Shorter, Esperanza Spalding, Susan Tedeschi, Derek Trucks. Presentatori: Robert De Niro, Michael Douglas, Morgan Freeman e Quincy Jones. Ciliegine sulla torta: Stevie Wonder, Chaka Khan, Angelique Kidjo e Lang Lang. Il vero miracolo? L'aver evitato i rischi alla "We Are the World" (scusate il gioco di titoli) e l'aver onorato con ottime performance la musica che si intendeva personale. L'highlight personale: la trasformazione, in pochi secondi, da improbabile a coinvolgente dei vocalismi indiani di Shankar Mahadevan al cospetto di un'inarginabile Dee Dee Bridgewater. La migliore metafora delle potenzialità infinite del jazz. Appuntamento a fra un anno.

Senza data: Dave Douglas continua a fare il talent scout - con un debole per i contrabbassisti - tramite la sua etichetta Greenleaf. Dopo Michael Bates e Linda Oh è ora il turno della sua scoperta più originale dopo i Kneebody: Matt Ulery. Chicagoano. Assolutamente refrattario ad ogni classificazione. Sorprendentemente a cavallo tra Stereolab, Wayne Horvitz, musica onirica da cinema degna di Nino Rota, neo-folk e indie-rock. Quando esce By A Little Light non fatevelo sfuggire di mano (e non perdetevi l'intervista a Ulery che pubblicheremo per la rubrica My Favorite Things...)

Foto di Claudio Casanova (Wadada Leo Smith).

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