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Leroy Jenkins' Driftwood: The Art of Improvisation

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Leroy Jenkins' Driftwood: The Art of Improvisation
Talvolta capita di dimenticare il ruolo centrale che il violinista Leroy Jenkins riveste nel jazz creativo degli ultimi quarant'anni, molti dei quali all'interno della grande avventura AACM, con collettivi quali la Creative Construction Company o il Revolutionary Ensemble, fino ad arrivare a tempi più recenti con il trio Equal Interest [in cui dialoga con Joseph Jarman e Myra Melford] e con questo interessante quartetto Driftwood.

Registrato nell'ottobre del 2004 dal vivo a un concerto della stessa Association for the Advancement of Creative Musicians [AACM], The Art of Improvisation presenta Jenkins con la cinese Min Xiao-Fen alla pipa, Denman Maroney al pianoforte e lo storico percussionista della St. Louis Symphony Orchestra, Rich O'Donnell, una scelta timbrica che consente di esplorare sfumature non semplici, ma ricche di dettagli.

Nel disco troviamo una "suite" suddivisa in quattro movimenti che già nel titolo mostrano una stratificazione programmatica di strategie: ciascuno di essi è contraddistinto da un'azione [vivere, cantare, correre, credere] che richiama parametri fisico-spirituali tipici dell'improvvisazione afroamericana, poi da un'indicazione di tempo secondo la denominazione "classica" [allegro moderato, andante, etc.] e da un'ulteriore precisazione temporale con il valore di semiminima.

Che l'identificazione stessa di queste "fasi" avvenga attraverso questa apparente contrapposizione di "universi musicali" non fa che confermare come la ricerca espressiva dei musicisti che gravitano nell'orbita dell'associazione chicagoana passi attraverso il confronto e la sintesi delle più diverse istanze della contemporaneità.

Grazie alla sensibilità di tutti quattro i musicisti coinvolti, le dinamiche e le tensioni che si creano tra gli strumenti sono da subito interessantissime: generate da un camerismo apparentemente accorto, le linee d'improvvisazione vanno invece spesso a lavorare in zone difficili, grattando scomodità sotto la superficie dei suoni [il violino, la pipa e il piano preparato sono in questo senso "mezzi" ideali, specie se l'apporto percussionistico è ricchissimo di colori come in questo caso] e cercando di aprire a una condivisione collettiva le stesse peculiarità soliste.

È musica che va ascoltata con particolare attenzione - un approccio frettoloso al disco potrebbe rivelarsi abbastanza deludente - e che si presta ottimamente a spiazzamenti di senso, come nella prima parte del secondo movimento. Si potrà così apprezzare il lavoro finissimo di Jenkins, nelle cui linee riecheggiano canti di terre lontane e febbrili astrazioni, il respiro complessivo che progressivamente consente a ciascun solista di svelarsi, la concezione stessa del quartetto come organismo in grado di rigenerarsi.

Nel terzo movimento si rapprendono quegli accenti spasmodici che siamo soliti trovare nell'improvvisazione radicale come dinamo inesausta, mentre l'ultimo segmento, caratterizzato dall'indicazione "pure motion" e da un metronomo uguale a zero, offre alcuni dei momenti più belli di questo lavoro. Vere pennellate i questa arte dell'improvvisazione.

Track Listing

To Live; To Sing; To Run; To Believe.

Personnel

Leroy Jenkins
bass, electric

Min Xiao-Fen: pipa, Leroy Jenkins: violin; Denman Maroney: piano; Rich O

Album information

Title: The Art of Improvisation | Year Released: 2006 | Record Label: Mutable Music

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