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Steve Lehman Trio
ByAllievo di Anthony Braxton e Jackie McLean, l'altosassofonista Steve Lehman fa parte di quell'avanguardia newyorkese che porta avanti i concetti appartenenti alla musica europea contemporanea - ed in particolare alla musica spettrale, maturata in Francia negli ultimi decenni del 20° secolo - alla luce della tradizione jazzistica afroamericana.
Prolifico compositore, dopo aver incuriosito la critica in particolare con l'album per ottetto Travail, Transformation and Flow, Lehman ha prodotto lo scorso anno Dialect Fluorescent alla guida del trio che annovera Matt Brewer al contrabbasso e Damion Reid alla batteria: ed è questo il progetto, che per la prima volta presenta in Europa, a cominciare dall'appuntamento del 3 Ottobre al Bimhuis di Amsterdam, l'auditorium sospeso sul porto della città olandese, specificamente dedicato alle performance jazz, perfetta cornice per questo esordio.
La formazione che si presenta puntualmente sul palco di fronte a un centinaio di spettatori è la stessa che ha preso parte all'incisione dell'album; durante l'esibizione vengono suonati tutti i brani presenti in Dialect Fluorescent intervallati da altre composizioni originali ("Digital Ambush," "Curse Fraction") e standard ("Humpty Dumpty" di Chick Corea).
Il concerto si compone di due set di circa un'ora ciascuno (seguiti da un bis fortemente voluto da un pubblico attento e molto soddisfatto).
Il primo si rivela in qualche modo il più concettuale e rappresentativo della poetica dei tre musicisti americani: la scansione dei tempi portata avanti dalla sezione ritmica, la frammentazione della melodia, l'approccio fuori dal centro tonale delle improvvisazioni restituiscono all'ascoltatore una musica spigolosa, acida, ricca di tensione ("Allocentric" col suo andamento sghembo, "Alloy" - a detta di Lehman la versione per questo trio è la meglio riuscita fra quelle da lui arrangiate - , "Foster Brothers").
Nel secondo set il gruppo si cimenta maggiormente nel riadattamento di standard più o meno popolari: l'approccio musicale appare ora più funzionale alla melodia ma la rivisitazione non è meno radicale e continua a ruotare intorno agli stessi cardini che hanno condotto la prima parte della esibizione. "Jeannine" di Duke Pearson diventa così occasione per un incendiario solo di Damion Reid, mentre la stravolta "Pure Imagination," dalla colonna sonora del celebre film "Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato" del 1971, sembra proseguire sulla strada intrapresa da John Coltrane nelle sue ultime registrazioni.
Lo Steve Lehman compositore pesca da un amplissimo bagaglio musicale e non esclude generi ritenuti meno colti (ad esempio rivisitando "Living in the World Today" del rapper GZA in Travail, Transformation and Flow): ne derivano brani in cui il ritmo riveste un ruolo preponderante a fronte di temi a volte asciutti ma dalla complessa progressione armonica e ritmica. Il sax stesso assume una nuova funzione all'interno del trio: pur mantenendo il ruolo di primario strumento solista, sempre più spesso si preoccupa di rafforzare la ritmica scandendo i tempi all'unisono con batteria e basso, creando degli ostinati di grande impatto sonoro ("Foster Brothers," "Digital Umbush"). Il sassofonista newyorkese possiede un timbro metallico e improvvisa con ampie e nervose frasi, ricche di cluster di note (a qualcuno ricorderà Eric Dolphy con cui condivide tra l'altro la stessa intransigenza nella ricerca di nuovi approcci all'armonia, ma anche una grande quanto celata sensibilità melodica). I dialoghi che intesse con Reid, batterista poliritmico nonché estremamente energico - a tratti forse sopra le righe - , e Brewer, imprescindibile organizzatore dei tempi del trio (nonché autore dell'apprezzato "Fumba Rebel" proposto durante la serata) impressionano per il dinamismo, tanto quanto la complessità di questa musica e la solidità e confidenza con cui è suonata testimoniano come tre strumentisti di così elevato spessore siano pienamente consapevoli del percorso artistico che stanno compiendo.
In questa prospettiva uno standard come "Moment's Notice" di Coltrane si riveste di particolare significato, in esso si esemplifica l'approccio alla materia musicale da parte di questo trio, che sembra spesso partire dal grezzo e lentamente, inevitabilmente, ricavarne la forma attesa: in origine la melodia è lì, ma solo in potenza, l'armonia è inizialmente solo percepibile; mano a mano gruppi di note fanno capolino qui e lì come ombre, accennate e nuovamente sotterrate dal fraseggio del sax. È solo all'ultimo chorus, all'apice della tensione, che il classico tema tratto dall'album Blue Train si sviluppa con liberatorio e inaspettato lirismo, dopo essere stato proiettato per oltre mezzo secolo nel futuro.
È una musica quella di Steve Lehman che travalica i confini di genere e che a volte può sembrare ancora un anacronismo al di fuori dalle avanguardie, ma che forse sta già gettando i semi per il linguaggio musicale di domani.
Foto di repertorio.
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