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Ron Horton Quartet

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Ron Horton Quartet

Pinocchio Live Jazz - Firenze - 28.01.06

In una stagione caratterizzata da numerose escursioni nella musica d'oltreoceano, arriva al Pinocchio Live Jazz il quartetto del trombettista Ron Horton, con la partecipazione dell'ottimo Ben Allison al contrabbasso, di Mike Sarin alla batteria e di Antonio Zambrini al pianoforte.

Un quartetto di grandi solisti, dunque, per un programma di jazz moderno ben organizzato e disposto in modo che proprio le qualità dei solisti possano degnamente emergere.

Ed infatti, fin dal primo brano (un omaggio al pianista afroamericano Andrew Hill), sono emerse le doti da un lato di Zambrini, impegnato in una bella improvvisazione in stile McCoy Tyner, dall'altro di Ben Allison, personalissimo nel riproporre la versione peacockiana del contrabbasso bianco.

Ancora Allison è protagonista del terzo brano della serata, in un serrato e prolungato assolo ritmico "appoggiato" all'incedere della batteria e, poi, del piano, e ad aprire gli spazi per un assolo nervoso della tromba del leader.

Atmosfera tutta diversa nel quarto pezzo, il ben noto "Antonia" di Zambrini, nel quale la melodicità del tema è più marcata che non negli altri brani. Forse per questo gli interventi solistici sono più convenzionali, ma non meno incisivi, in particolare quelli di Horton e del solito, splendido Allison. Meno tradizionale l'assolo di Zambrini, a momenti sorprendentemente ritmico e ben sostenuto dalla batteria di Sarin.

Nel brano successivo, lento e malinconico, dedicato a Paul Motian, ancora un grande pezzo di bravura di Ben Allison, che fa risuonare il suo contrabbasso in modo profondissimo e con numerosi e diversi artifici di tocco. Notevole anche la capacità di Sarin di diversificare le sonorità della batteria nel dialogare con il basso.

Secondo set sulla stessa falsariga, con Zambrini vicino alla sua più collaudata poetica (ma non manca un'improvvisazione su astrazioni nordiche quasi stensoniane) e Horton più in luce che nel primo set, spesso con un fraseggio continuo, ma dinamicamente frammentato che ricorda Dave Douglas. Anche in questa seconda parte i brani sono in prevalenza omaggi a musicisti cari a Horton, ma non manca una composizione di Zambrini, decostruita nelle sue linee melodiche e resa ritmica e astratta.

Conclusione con un bis intimistico, che va a confermare una serata di puro jazz, resa vivace da un bel gruppo di brillanti individualità.

Foto di Roberto Cifarelli

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