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Peter Brötzmann e Paal Nilssen-Love
ByQuando i padri del free incontrano i loro figli migliori è giocoforza che ne nasca qualcosa di speciale; soprattutto perché quello che accomuna un padre come Peter Brötzmann e un figlio come Paal Nilssen-Love è l'urgenza espressiva, l'approccio viscerale, il darsi senza risparmiarsi.
E così è stato anche in questo concerto, reso atipico anche dal setting in cui si è svolto - all'aperto e senza amplificazione (a causa di un blackout) - che, se può aver causato qualche difficoltà per il bilanciamento del suono in alcuni momenti (per esempio fra batteria e clarinetto), ha però conferito un'ulteriore dimensione insolita di naturalità e poesia.
La potenza è l'elemento che più ovviamente accomuna Brötzmann e Nilssen-Love e non si sono certo smentiti in quest'occasione: come da tradizione, hanno iniziato il concerto ingranando subito la quinta... ed è stato subito fuoco. Brötzmann al tenore ha una potenza di fiato che anche non amplificato può tenere testa senza problemi a un Nilssen-Love che si avventa sui tamburi con impeto e senza esitazioni.
In un certo senso, la virtù di questi musicisti è quella di rinnovare continuamente e rendere perennemente attuale lo spirito e anche il suono storico del free: quello degli anni Sessanta, di Pharoah Sanders, di Ronald Shannon Jackson... e nei ruggiti ma anche nelle melodie di Brötzmann del 2013 si possono sentire anche quelli di Gato Barbieri del 1969...
Spesso i pezzi partivano in modo esplosivo, in una deflagrazione di energia rabbiosa, che poi, come una colata lavica che scendendo a valle si raffredda, un po' alla volta si scioglieva in atmosfere più delicate ed elaborate.
Se il sax tenore ha avuto il compito (naturale per la sua timbrica) di esprimere la potenza e il furore del fuoco, al soprano e ancor più al clarinetto è stato affidato anche il compito di esprimere voci più distese, melodie più rarefatte ed eteree. Bello soprattutto il sapore etnico di certi fraseggi, a cui Brötzmann del resto non è nuovo.
Paal Nilssen-Love ha assecondato con prontezza e flessibilità i cambi d'atmosfera, passando dal corpo a corpo totale di pelli, metallo e bacchette a ritmi più rotondi basati sul suono dei tom, con accenti africani, fino a passaggi morbidi e delicati in cui abbandonava bacchette e spazzole e ricorreva alle nude mani. La poliritmia libera è comunque stata sempre l'elemento unificante del suo stile, sia nei toni forti della batteria suonata per intero in un pieno totale, sia in quelli pacati e misurati.
Questa musica non si può dire né nuova né vecchia. Non è più la sensazione e lo scandalo che fu alla sua nascita, la novità sconvolgente, la new thing, anzi anch'essa ormai appartiene alle pagine classiche del jazz; ma allo stesso tempo è agli antipodi delle riproposizioni revivalistiche e manieristiche che vengono fatte del modern jazz degli anni '50 e '60. Proprio perché l'essenza di questa musica è di esprimere l'urgenza dell'istante, la necessità espressiva della creazione istantanea; e questa necessità si rinnova ad ogni volta, così come l'espressione si ripete quasi con la forza di un rito che ogni volta rinnova la propria necessità, il proprio significato e la propria ragion d'essere. E con Brötzmann e Nilssen-Love si è incontrato il meglio di due generazioni di officianti questo rito.
Foto di Claudio Casanova.
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