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Tiziano Tononi & The Ornettians: Peace Warriors (Forgotten Children)

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Tiziano Tononi & The Ornettians: Peace Warriors (Forgotten Children)
Annoso problema di metodo. Quanto può, e deve, influire la considerazione, potremmo dire la stima, che si ha di un’artista nella stesura di una recensione? Ovvero, che importanza riveste nel giudizio critico la componente “etica” dell’arte in rapporto alla componente “estetica”?

Mi sembra ovvio che persino i più cinici e disillusi teorici del postmoderno, l’epoca della presunta caduta dei valori, non possano permettersi il lusso di accostarsi ad un’opera assumendo un punto di vista puramente, e ideologicamente, estetizzante. Anche perchè ridurre il ruolo della critica al puro soggettivismo, tendenza largamente diffusa tra i compiaciuti individualisti del nuovo secolo, getta pesanti interrogativi sull’utilità e persino sul diritto all’esistenza della critica stessa. D’altro canto, risulta piuttosto difficile, sebbene necessario, “quantificare” il peso di valori come la purezza dell’ispirazione, la dedizione alla propria musa, la costanza nell’inseguire la propria “visione del mondo”, la coerenza e l’intransigenza verso i compromessi e il mercimonio dell’arte.

Prendete, ad esempio, Tiziano Tononi e Daniele Cavallanti. Se c’è una cosa che ho sempre ammirato dei due improvvisatori milanesi, oltre alla musica ovviamente, è la completa devozione al proprio ideale di “total black music” (concedetemi la definizione), una consacrazione amorevole e immacolata ai grandi padri della cultura, jazzistica e non, di matrice afroamericana (da Albert Ayler a Don Cherry, da Roland Kirk a Jimi Hendrix, da Bob Marley a Charlie Mingus, da Duke Ellington a Fats Waller), sfociata in una serie di album-tributo confezionati con intelligenza, spirito critico e amorevole passione.

Non fa eccezione questo secondo capitolo dell’omaggio tributato da Tononi ad Ornette Coleman; un doppio CD che arriva a quasi due anni dal primo Peace Warriors e che ribalta efficacemente alcune prerogative stilistiche del suo predecessore. Accantonati i contrabbassi di Giovanni Maier e Piero Leveratto, splendidi protagonisti di allora, entrano in gioco le chitarre di Roberto Cecchetto e di Simone Massaron, responsabili di una svolta elettrica che indirizza il timone verso territori spesso distanti dal classico idioma jazz, spazi confinanti col rock, il blues, il noise e persino il country. Neoacquisto anche la tromba di Luca Calabrese, chiamata ad aumentare la potenza di fuoco di una front-line completata da Emanuele Parrini, Achille Succi e, ovviamente, il buon Daniele Cavallanti.

L’attacco è da brividi: su un tappeto di sfrigolanti distorsioni e inquietanti feed-back si staglia superbo il violino di Parrini. L’incedere marziale, la profonda drammaticità della pronuncia e il grido lancinante delle corde straziate dall’archetto esaltano la componente ayleriana di “War Orphans”, trasformandola in un canto nobile e guerriero. Il viaggio nel vasto universo colemaniano prosegue spaziando lungo l’intero arco della carriera del sassofonista texano, pescando senza inibizioni in un repertorio cospicuo e variopinto. In un fitto programma di riletture sorprendenti e mai scontate spiccano nel primo dei due dischi la travolgente “Congeniality”, da qualche parte tra i Last Exit e la Decoding Society di Ronald Shannon Jackson, la martellante “Joy of a Toy”, un hard-free sostenuto da un riff ossessivo e impreziosito da un intro di Parrini al cardiopalma, e la country-blues “Forgotten Children”, bucolica scampagnata nella provincia americana in compagnia di Bill Frisell e di una sognante lap steel.

Nel secondo disco entra in scena Tiziana Ghiglioni, protagonista di una vera e propria trilogia al femminile: “Street Woman”, scudisciate di sferragliante post-rock a cui si sovrappone un lamento stralunato e sinistro, “Lonely Woman”, una capatina dalle parti del Delta con la Slide di Massaron, il clarino basso di Succi e i tamburi di Tononi ad evocare spettri sudisti, e “Macho Woman”, spigolosa free-jam punteggiata da declamazioni sconnesse e riverberi elettronici. Entrano con pieno diritto nel novero delle “meglio cose” pure la pazzesca “The Tribes of New York”, forse l’apice dell’intero programma in fatto d’imprevedibilità, e la dolcissima “I Heard It Over the Radio”, melodiosa carezza datata 1959.

Onestà intellettuale, assoluta confidenza e disinvoltura nel maneggiare i molteplici linguaggi della black music, rispettosa umiltà nell’accostarsi al mito, pur senza cadere vittime dell’olografia o del manierismo, consapevolezza di esser parte di una storia e nessun tentennamento nell’assecondare la propria mutevole arte. In una parola: Tononi e Cavallanti.

Track Listing

CD 1 1. War Orphans - 7:35; 2. Congeniality - 5:24; 3. Space Church - 13:14; 4. Imagine/Sounds (Tononi) - 4:15; 5. Walkin’ East [Buddha Groove] (Tononi) - 4:30; 6. Just For You - 8:05; 7. Joy of a Toy - 6:52; 8. Forgotten Children - 6:57. CD 2 1. The Tribes of New York - 5:34; 2. Some Other/Beauty is a Rare Thing - 4:44; 3. Focus on Sanity - 6:02; 4. Street Woman - 7:28; 5. Lonely Woman - 10:44; 6. Macho Woman - 4:50; 7. I Heard It over the Radio - 4:45; 8. The Legend of Be-Bop - 5:55; 9. Un4gotten Strings (Tononi) - 7:03. Tutte le composizioni sono di Ornette Coleman.

Personnel

Tiziano Tononi (batteria, percussioni); Daniele Cavallanti (sax tenore e baritono, flauto ney); Achille Succi (sax alto, clarinetto basso, clarinetto in metallo); Luca Calabrese (tromba, flicorno); Emanuele Parrini (violino); Simone Massaron (chitarra elettrica, lap steel, chitarra baritono, fretless e chitarra acustica slide); Roberto Cecchetto (chitarra elettrica); Tiziana Ghiglioni (voce).

Album information

Title: Peace Warriors (Forgotten Children) | Year Released: 2007 | Record Label: Black Saint


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