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Nicole Mitchell & Black Earth Ensemble
ByTeatro Manzoni - Milano - 16.12.2012
L'afro-centrismo che sta caratterizzando la ventottesima edizione di Aperitivo in Concerto ha mostrato con il concerto di Nicole Mitchell e Black Earth Ensemble il suo volto più raffinato, intellettuale, meditato. Perché se è vero che il propellente del concerto, l'aspetto più coinvolgente si è concretizzato nei numerosi interventi solistici eseguiti a turno da tutti i componenti dell'ensemble, è altrettanto vero che la scrittura della Mitchell si è rivelata l'asse portante, la trave che ha sorretto magnificamente le architetture musicali ideate dalla flautista e compositrice di Chicago.
Una prova sola prima del concerto, le partiture pervenute ai musicisti con tempi ristretti, la suite "Mother Earth" ha preso forma compiuta proprio durante il concerto grazie all'abilità degli interpreti e alla sensibilità della Mitchell nel disporre in maniera creativa e illuminante le risorse timbriche a disposizione. A cominciare dalla kora di Ballaké Sissoko, strumento per eccellenza dei griot, i custodi della tradizione orale del Mali, qui impiegata in efficace funzione ritmico coloristica.
Passando per il vibrafono e la marimba percossi da Pasquale Mirra, come al solito geniale nel ricavare dallo strumento una gamma infinita di sonorità, mantenendo fluidità esecutiva e intensità espressiva in qualsiasi momento, dal più ritmicamente concitato al più connotato melodicamente. Il contrabbasso di Silvia Bolognesi e il violoncello di Tomeka Reid ben esprimono le due anime da sempre presenti nella concezione musicale di Mitchell, quella profondamente nera, grondante di blues e di pulsazioni vigorose e quella vicina alla musica accademica/contemporanea tra glissandi e discrete dissonanze.
Spesso costruito su bordoni e loop ritmici, il flusso sonoro possiede leggerezza ed eleganza, una forza comunicativa immediata e l'esaltazione dell'energia primordiale e salvifica della natura è ben lontana da derive world. Grazie anche ad alcuni intuizioni come l'inserimento della tromba composta e minimalista di Jason Palmer, elemento straniante nell'economia della performance. O della voce trasformista di Mankwe Ndosi, cantante, attrice, performer molto attiva negli ambienti dell'avanguardia, dell'hip hop e del beatbox. Naturalmente, a chiudere il cerchio, la maestria percussiva di Hamid Drake, in grado di imprimere direzioni impreviste al percorso ritmico ed il delicato flauto della leader, usato con parsimonia ma fondamentale per gli equilibri timbrici della suite e sorta di bacchetta magica mossa dalle dita sapienti di un gran cerimoniere.
Foto di Roberto Cifarelli.
Ulteriori immagini di questo concerto sono disponibili nella galleria ad esso dedicata.
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