Natuski Tamura, Jim Black: NatJim

Un bel dialogo franco e convincente illumina le varie città evocate nei diversi momenti della giornata e stati d'animo dai titoli degli otto brani che coprono la parte preponderante del CD, tutti a firma di Natsuki Tamura, dove peraltro il propellente-Black è senz'altro decisivo per tracciare il perimetro espressivo, il climax, dell'album attraverso una prova di grande sostanza cui il trombettista nipponico si adegua assolutamente di buon grado.

Un quarto di secolo dopo il loro primo incontro per l'album White & Blue, i due musicisti incrociano così nuovamente gli strumenti, dando vita a un lavoro di grande solidità, ispirazione e vivacità creativa, oltrepassando con una certa nonchalance le potenziali secche di un'eccessiva monoliticità timbrico-atmosferica, anche ricorrendo (senza che ciò lasci estasiati, peraltro) all'uso della voce da parte di Tamura.

Alla fine i conti quindi tornano, lungo i binari di un jazz certamente avanzato ma senza particolari salti nel vuoto. E la cosa non può che rallegrarci soprattutto relativamente al trombettista, che a volte tende un po' a perdersi dietro a velleità di anti-musicalità a tutti i costi. Morale: a frequentare le compagnie giuste ci si guadagna sempre. Anche dalle parti dell'avantgarde jazzistica dura e pura.

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