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Mieczysław Weinberg al Bologna Festival

Mieczysław Weinberg al Bologna Festival
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Ogni festival, di qualsiasi genere musicale, dovrebbe possedere una ben orientata dimensione progettuale, proponendo cioè autori e repertori poco frequentati, invitando interpreti che meritano una maggiore visibilità, riscoprendo protagonisti dimenticati del passato, mettendo in scena illuminanti produzioni originali... A tale proposito, uno dei meriti del Bologna Festival è quello di aver recuperato composizioni di un autore tanto originale quanto poco eseguito come Mieczyslaw Weinberg. Per fare questo ha messo in atto una sorta di staffetta, non so quanto intenzionale, fra la sua edizione 2015 e quella del 2016, la trentacinquesima.

La biografia del musicista può essere condensata in poche essenziali notizie. Nato in Polonia nel 1919, trasferitosi in Unione Sovietica durante la seconda guerra mondiale e morto a Mosca nel 1996, Weinberg ha subìto pesantemente le sventure comuni a numerosi ebrei dell'Est. Molti dei suoi familiari perirono vittime prima dell'impero zarista, poi della dittatura nazista, infine del regime stalinista. Anch'egli venne incarcerato con accuse assurde nel 1953. La sua travagliata vicenda privata non poteva non riflettersi nella sua produzione musicale: stimato da Šostakovic, che egli considerava suo modello e che lo sostenne in occasione delle sue disavventure con il regime comunista, è stato autore molto prolifico, toccando contenuti e forme musicali diverse. Nonostante ciò non si può dire che le sue composizioni siano molto eseguite nei festival e rassegne di musica classica e contemporanea; estremamente apprezzabile quindi il recupero che in anni recenti ha inteso operarne un interprete del calibro di Gidon Kremer.

Uno dei motivi d'interesse del concerto tenuto dal rinnovato sodalizio fra Martha Argerich e il violinista lettone, all'interno del ciclo Grandi Interpreti del Bologna Festival 2015, fu tra l'altro quello di accostare le due composizioni di Weinberg a pagine di Ludwig van Beethoven e César Franck. La Sonata n. 5 op. 53 per pianoforte e violino, scritta da Weinberg nei primi anni Cinquanta, si basa su un approccio austero ma sereno nell'intrecciare con consapevolezza vari riferimenti culturali, dinamiche contrastanti, vigorosa espressività poetica e rigore formale. L'"Andante con moto" del primo movimento si presenta come un'elucubrazione statica, un dialogo interiore che può ricordare il modo di procedere e le atmosfere che alcuni anni dopo avrebbero caratterizzato certe opere di Arvo Part. Se l'"Allegro molto" prende movenze decisamente agitate per rasserenarsi nel finale, il seguente Allegro moderato espone un tema d'influenza ebraica dal carattere danzante, che sembra riecheggiare cadenze stravinskiane. Il movimento finale alterna invece situazioni diverse ora esplicite ora più pensose. Ancor più ampia la gamma delle intenzioni musicali e delle soluzioni tecnico-espressive che ritroviamo nella Sonata n. 3 op. 126 per violino solo, composta nel 1979, di notevole difficoltà esecutiva per le asperità dinamiche e la verticalità della scrittura ricca di accordi. In questo caso però risultano più sedimentati i riferimenti culturali, più fluido il transitare da una situazione all'altra, più matura e compatta la visione generale. In definitiva il concerto del 26 marzo 2015 diede l'opportunità di ascoltare un'opera di grande impatto, decisamente personale, che la partecipata conoscenza di Weinberg da parte di Kremer, oltre alla sua tecnica virtuosistica e al suo puntiglio interpretativo, hanno saputo far rivivere in tutte le più recondite sfumature.

L'8 maggio 2016, nell'edizione in corso del festival, che si concluderà in novembre con la sezione "Il Nuovo l'Antico," il concerto della Chamber Orchestra of Europe sotto la direzione di Thierry Fischer è stato aperto da una delle diciannove sinfonie composte da Weinberg fra il 1942 e il 1985: la n. 10 op. 98 "Trascendenza" per orchestra d'archi, scritta nel 1968. Nel primo dei cinque movimenti, "Concerto grosso," l'articolazione orchestrale presenta un carattere cupo e un andante mosso, mentre il secondo, Pastorale, si muove più pensosamente su toni estenuati. Nei seguenti movimenti, le masse sonore piene e concitate ora si stemperano in momenti di riflessiva malinconia o d'intimismo, caratterizzati da pizzicati minuti e flebili sussurri all'unisono, ora incastonano interventi solistici anche consistenti e tonici da parte di violino, violoncello o contrabbasso. La ricchezza di contenuti ispiratori e di soluzioni dinamiche e cromatiche adottate dal compositore è stata reinterpretata con slancio e rigore convincenti da parte del direttore e della formazione. È auspicabile che non si debbano aspettare anni o decenni prima di poter riascoltare dal vivo composizioni di Weimberg; per fortuna la produzione discografica che lo riguarda, se si è disposti ad una paziente ricerca on line, non è altrettanto avara di sorprese.

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