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Le tante facce del jazz inglese 1960-1975: un libro e un disco per riscoprirle

Se molti dei grandi protagonisti del jazz inglese a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta sono giustamente ben noti anche al di fuori dell'isola, probabilmente meno conosciute sono le interessanti vicende che hanno attraversato la musica di matrice afroamericana in quella scena - certamente tra le più pionieristiche in Europa - specialmente tra il 1960 e la metà del decennio successivo.

Trad Dads, Dirty Boppers, and Free Fusioneers: British Jazz, 1960-1975

di Duncan Heining

pp. 486

ISBN: 978-1-84553-405-9

Equinox Publishing Ltd. - 2012

Va dato merito a Duncan Heining [date un'occhiata al suo sito http://www.jazzinternationale.co.uk/] di avere affrontato l'argomento in un libro molto stimolante come Trad Dads, Dirty Boppers, and Free Fusioneers: British Jazz 1960-1975 [per leggerne un estratto clicca qui, pubblicato dall'editrice Equinox e in cui del jazz britannico viene sottolineata l'originalità e i larghi tratti di autonomia dai modelli americani, pur presenti.

L'impostazione, fortemente politica e largamente debitrice del lavoro del recentemente scomparso Eric Hobsbawm, consente al lettore non solo di ripercorrere le vicende creative di numerosi musicisti stilisticamente e espressivamente molto diversi tra loro [da John Stevens a Graham Collier, da Tubby Hayes a Keith Tippett], ma anche di inquadrarle in un contesto sociale e antropologico che prende in considerazione un vasto numero di aspetti, dalla droga all'immigrazione, dalle dinamiche economiche alle aspirazioni delle classi sociali.

Si passa così attraverso le problematiche dell'educazione musicale e il ruolo delle orchestre professionali della Geraldos' Navy, l'arrivo e l'influenza dei musicisti sudafricani e la grande energia di alcuni "agitatori" delle istanze più sperimentali, da Evan Parker a Maggie Nichols, i locali "storici" come il Ronnie Scott's, con purtroppo poche foto, ma una buona bibliografia e una discografia di base da cui partire [ma nell'era del web, le discografie su carta sono sempre un po' limitanti].

Forse un po' troppo a tema e datato, l'approccio post-marxista è comunque un buon punto di partenza per riscoprire, anche attraverso molte interviste fatte direttamente ai protagonisti, le tante facce del jazz inglese di quel periodo, per un libro che è comunque una preziosa risorsa per tutti gli appassionati.

Contemporaneamente al libro, la Reel Recordings ha pubblicato anche un CD con il medesimo titolo e che può fungere, pur nella limitatezza di sole 10 tracce, da ottimo complemento sonoro alle pagine di Heining.

Nel disco troviamo rarità pescate negli archivi degli stessi artisti che vanno dal quintetto del pianista Mike Taylor al gruppo di Graham Collier, passando per Amancio D'Silva, Henry Lowther, Lol Coxhill e Mike Osborne e per il resto non resta che perlustrare il web... nelle miniere d'Albione di pepite d'oro jazz se ne trovano sempre!

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