La saga del chitarrista Jon Lundbom e dei suoi Big Five Chords giunge con Jeremiah al settimo capitolo ma non per questo viene meno l'energia, la miscela esplosiva di bop, free, rock e avant che aveva caratterizzato il sorprendente album d'esordio nell'ormai lontano 2003. Certo, manca l'effetto sorpresa, gli album successivi hanno proseguito sui sentieri tracciati nell'esordio pur combinandoli e sviluppandoli in vario modo e con sempre maggior attenzione alla scrittura, ma il piacere dell'ascolto di questo manipolo di guastatori musicali rimane inalterato.
L'aggiunta al quintetto del trombone di Sam Kulik e del sax di Justin Wood non scombina le coordinate entro le quali è solito muoversi la band, aumenta sicuramente la massa critica dei fiati e arricchisce le dinamiche interne votate a continui cambi di ritmo, a contrappunti spesso violenti, improvvise rasoiate, dissonanze e accidenti che infarciscono placide melodie.
Un minimo di tranquillità, si fa per dire, arriva con il traditional "First Harvest" ballad giocata con gran senso del movimento e spostamento di accenti. Mentre "Wiccan Prayer Song Medley," l'altro traditional, è tutto un andare di sghimbescio tra call & response e curiosi depistaggi, il conclusivo "Screamer" coglie la band dal vivo in un più canonico avvicendarsi di parti solistiche.
Track Listing
The Bottle; Frog Eye; Scratch Ankle; First Harvest; Lick Skillet; Wiccan Prayer Song
Medley; Screamer.
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