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Il Cortile della Musica - Con Gianluigi Trovesi

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Il Cortile della Musica - Con Gianluigi Trovesi

di Sergio Visinoni

Lab 80 Film

Luglio 2010, Clusone Jazz Festival. In programma, la proiezione in anteprima assoluta del film "Il Cortile Della Musica". Poi, come spesso accade nel jazz, la distribuzione e la commercializzazione di un'opera seguono tempistiche proprie, non sempre rapidissime. È noto che gli archivi delle case discografiche (e a questo punto immagino anche delle case cinematografiche) sono pieni di lavori che per varie ragioni vengono pubblicati tardivamente, o non vengono pubblicati affatto. Nel caso de "Il Cortile della Musica," sia pure dopo qualche anno, la pubblicazione è finalmente arrivata grazie a Lab 80.

Protagonista del film è il clarinettista Gianluigi Trovesi, raccontato non tanto attraverso la sua musica (che pure è presente, ed è forse quella che più segna la distanza temporale dal momento in cui le immagini sono state girate), quanto attraverso il quotidiano ed i ricordi. Suoi e di chi gli sta intorno.

Seguito incessantemente dalla macchina da presa, Trovesi sta volentieri al gioco facendo affiorare un intero universo, umano prima ancora che musicale. Incontra colleghi musicisti, vecchi amici, passeggia per le vie del paese. Rievoca la sua infanzia ed il suo incontro con la musica in quel piccolo mondo antico, forse perduto per sempre, fatto di un cortile, all'epoca molto vivo e rumoroso e oggi tristemente vuoto e silenzioso, fatto di un borgo della Val Seriana da cui si parte per girare il mondo (il compaesano trombonista che suonava al festival di Sanremo, lo stesso Trovesi che in apertura del film vediamo a Berlino con Günter Sommer, Barre Philips e Manfred Schoof), ma a cui si fa inevitabilmente ritorno.

E poi le prove di uno spettacolo, il fenomeno - assolutamente anacronistico eppure assai florido e prezioso - delle bande musicali, Giordano Montecchi che cita Bela Bartòk e propone alcune interessanti considerazioni sui generi musicali e le relative gerarchie / classificazioni.

Trovesi e tutti coloro che intervengono nel corso del film sono sufficientemente (auto)ironici da evitare scivoloni nell'agiografia, mentre l'uso più che abbondante del dialetto bergamasco tratteggia e ci restituisce il clarinettista nella sua dimensione più autentica.

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