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Doc "Crazy" Chad
ByCi vuole scienza, ci vuol costanza - cantava Guccini - ad invecchiare senza maturità. E quanta scienza e costanza ci vogliono per riuscire a sfuggire in più di trent'anni di carriera a qualsiasi classificazione, definizione o normalizzazione? Oggi come allora Eugene Chadbourne resta un musicista semplicemente al di là. Di quale stile e genere lo lascio scegliere a voi: free, avant, country demenziale, acid folk, contemporary impro, noise psichiatrico, rock'n'roll socialmente inutile, primitivismo dada e quant'altro.
Va da sé che raccontare una performance del nostro è impresa a dir poco ardua, che costringe il recensore a scontrarsi coi limiti del mezzo a disposizione - ahi lasso, eterna inadeguatezza della parola! - e con l'ineffabile singolarità dell'evento. Forse il modo più onesto di porsi rispetto alla serata del Gheroartè, lo spazio-stazione del milanese, è quello di ammettere che anche 'sto giro, nonostante l'assidua frequentazione dell'universo poetico del dottor Chad, si è rimasti parecchio spiazzati.
Che ci fosse nell'aria la consueta nota di surrealismo situazionista lo si è capito già al primo pezzo, una cover cubista di "Hazey Jane II" di Nick Drake, la traccia che apre l'immortale Bryter Lyter, pizzicata al banjo come se fosse un'improbabile traditional dell'anteguerra, anche se il piglio del canto si potrebbe collocare tra Syd Barrett e un Bob Dylan stordito. A seguire un paio di "classiche" escursioni nell'avant-folk che ha reso celebre il musicista fuggito di recente da New York per il buen retiro della Carolina del Nord: sali e scendi frastagliati e interminabili ruminazioni su quello strumento che Chadbourne ha riscoperto sulla scia del primitivismo e reinventato, attraverso una tecnica scintillante, come mezzo di espressione avant.
Poi la chitarra elettrica, e una "Are You Experienced?" di hendrixiana memoria frullata in salsa noise-tex mex: roba da strabuzzare gli occhi e sobbalzare sugli strani cubi con schienale che compongono la platea del Gheroartè. Ma il piatto forte del set elettrico, chiamiamolo così, è stata la trascinante "Roll Over Berlusconi," con il Cavaliere al posto di Beethoven in una cavalcata rock'n'roll che avrebbe tutte le carte in regola per diventare un'autentica hit (o se non altro il nuovo inno del Pd).
Infine i bis: prima la psichedelica, ancor più dell'originale firmata da David Crosby ai tempi dei Byrds, "Everybody's Been Burned," con il fidato banjo di nuovo protagonista; poi una devastante scarica di noise vomitata sull'esaltata platea attraverso una specie di rastrello elettrico (non è uno scherzo) trascinato lungo le pareti, picchiato, umiliato, maltrattato a colpi di testate, bottigliate e schizzi d'acqua. Roba da far impallidire Boredoms e Wolf Eyes per violenza e volumi.
Doc Chad ancora si diverte a sbattersene dei generi: che Dio lo benedica!
Foto di Dario Villa
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