Home » Articoli » Live Review » Archie Shepp Quartet & Dar Gnawa of Tanger
Archie Shepp Quartet & Dar Gnawa of Tanger
ByTeatro Manzoni - Milano - 28.10.2012
L'edizione 2012/2013 di "Aperitivo in Concerto-Ritmi del nostro tempo," rassegna che anima le mattinate milanesi del Teatro Manzoni ormai da ventotto anni, ha gradualmente spostato nel corso del tempo i riferimenti stilistici, culturali e musicali della sua programmazione. Da un'iniziale attenzione verso la musica accademica europea si è via via passati a dare testimonianza del processo di globalizzazione che ha investito anche il mondo musicale con slittamenti sempre più marcati verso un chiaro afro-centrismo, come ampiamente testimoniato dal cartellone di questa edizione.
E quale miglior testimonial del ritorno alle radici e della rivendicazione di un'identità più volte minacciata nel corso della storia, se non la figura di Archie Shepp, tra i principali agitatori della stagione del free e tra i primi jazzisti statunitensi ad esibirsi in Africa, come avvenne nello storico Festival Panafricano tenuto a Tangeri nel 1969. Ebbene, Shepp si presenta sul palco del Manzoni accompagnato dal suo quartetto, Tom McClung al pianoforte, Wayne Dockery al contrabbasso, Hamid Drake alla batteria, e dai fantastici Dar Gnawa, che proprio da Tangeri provengono, musicisti, cantanti, ballerini diretti discendenti degli schiavi neri dell'Africa sub-sahariana portati dagli arabi in Marocco.
La loro musica fonde i ritmi africani con le melopee arabe, in un incedere dal carattere ipnotico che nelle cerimonie da loro officiate porta i partecipanti a raggiungere uno stato di trance in grado di evocare benevole forze spirituali per la cura delle malattie del corpo e dell'anima. Niente di tutto questo per il folto pubblico presente in sala, nessun rito sabbatico, nessun sciamano venuto a guarire i mali della nostra civiltà ma una grande dimostrazione di rivendicazione culturale, spirituale e musicale che si fonde con altre culture, altre latitudini, altre attitudini.
L'inizio del solo quartetto di Shepp solleva qualche perplessità. Due brani provenienti dal repertorio storico del jazz, un'interpretazione di mestiere se non di routine, la classica sequenza tema-assoli-tema, pochi slanci di fantasia, nessun azzardo. Certo la voce del tenore di Shepp mette ancora i brividi, la solidità e la competenza dei musicisti è fuori discussione ma le aspettative reclamano qualcosa che vada oltre il deja vù. L'arrivo in scena dei quattro Dar Gnawa of Tanger cambia decisamente lo scenario e si entra a tutti gli effetti in una nuova, diversa dimensione musicale.
Le melodie intonate dal leader Maalem Abdellah El Gourd, introdotte dai toni poco ortodossi del suo guembri (cordofono tipico del popolo Gnawa) e rafforzate dalle voci e dalle nacchere metalliche di Abdeljabar El Gourd, Khalid Rahhali, Nour Eddin Toutati, creano un fondale suggestivo sul quale i sassofoni tenore e soprano di Shepp sembrano recuperare l'antica fierezza e un rinnovato vigore. Il vecchio leone del free lascia la maggior parte della scena ai protagonisti nordafricani tra movimenti ipnotici, danze acrobatiche e armonizzazioni vocali di ruvida bellezza. Ma quando si introduce con grande naturalezza in quel contesto, la musica prende fuoco, alimentata da un fraseggio non così sontuoso come in passato ma capace di ruggire ancora e di disegnare traiettorie fulminanti. Grazie anche allo straordinario lavoro ritmico di Hamid Drake vero e proprio cuore pulsante dell'esibizione e gran sciamano aggiunto di un rituale che ha stregato l'intero pubblico del Manzoni.
Foto di Roberto Cifarelli.
Ulteriori immagini di questo concerto sono disponibili nella galleria immagini ad esso dedicata.
Tags
Comments
PREVIOUS / NEXT
Support All About Jazz
