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Arcadia Trio & Robin Eubanks al Teatro Monni di Campi Bisenzio

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Arcadia Trio, ospite Robin Eubanks
Teatro Carlo Monni
Campi Bisenzio (FI)
13.2.2019

Leonardo Radicchi è un sassofonista perugino con una biografia ricca non solo dal punto di vista musicale: dopo aver lavorato con molti artisti italiani ed essersi perfezionato al Berklee Colege di Boston, ha ben pensato di non rinchiudersi nel solo mondo dell'arte e si è recato con Emergency prima in Sierra Leone, poi in Afganistan, lavorando in quei paesi per oltre due anni. Esperienze importanti, che se da un lato ne hanno rallentato il percorso musicale (al suo ritorno, dopo molto tempo quasi senza suonare, ha dovuto riprendere la piena confidenza con lo strumento), dall'altro adesso lo spingono verso scelte artistiche capaci di tenerne conto.

Una di queste Radicchi l'ha concretizzata con il suo Arcadia Trio, formato assieme al contrabbassista Ferdinando Romano e al batterista Giovanni Paolo Liguori, con il quale ha appena pubblicato l'album Call It Justice, uscito per Alfa Music. Proprio per presentare quel disco sta effettuando dei tour, uno dei quali ha fatto tappa al teatro Carlo Monni di Campi Bisenzio, nella cintura fiorentina, per un concerto che aveva come ospite della formazione il prestigioso trombonista statunitense Robin Eubanks.

La presenza di Eubanks non era occasionale, perché il musicista è da un po' di tempo in contatto Radicchi: ha collaborato al perfezionamento della musica proposta dal trio e solo per difficoltà logistiche non ha potuto prender parte alla registrazione del disco, del quale il concerto riprendeva il repertorio. Una musica nella quale la componente "politica" era fortemente accentuata, prima nell'esplicita ispirazione, poi nei riferimenti strettamente musicali.

Per il primo aspetto, la totalità delle composizioni sono state introdotte con l'indicazione o delle altamente significative dediche che recavano con sé—da Noam Chomsky a Gino Strada, con il quale Radicchi ha appunto collaborato, fino a Idy Diene, senegalese ucciso a Firenze nel 2018 da un aspirante suicida non così folle da non saper dirottare il proprio impulso su un immigrato—o delle intenzioni che ne accompagnavano scrittura ed esecuzione, come nel caso del brano che dà il titolo al disco, ”Call It Justice”, o di quello che è stata definito il manifesto della formazione, ”Our Anger Is Full of Joy”.

Per il secondo aspetto, invece, stilemi e forme espressive rimandavano almeno in certa misura a stagioni del jazz nelle quali l'elemento sociale e politico era ben presente: strutture dei brani dotate di marcata componente narrativa e drammaturgica, assoli di forte intensità dinamica, sospensioni riflessive, insomma una musica che—pur non potendo ovviamente essere una rappresentazione semantica—raccoglieva molti elementi simbolici per richiamare significati extramusicali.

Il risultato è stato un concerto di grande interesse, nel quale la giovane formazione ha espresso le molte qualità dei suoi membri, con Radicchi sempre teso, ma avvolgente al tenore e più astratto, frammentario e modernissimo al soprano, e con la ritmica che ha mescolato con grande equilibrio il supporto ai due fiati e gli interventi personali, ora solistici (specie per il contrabbassista), ora di arricchimento timbrico del suono complessivo. Menzione a parte per Eubanks, impressionante per la semplicità e la rilassatezza nell'affrontare ogni passaggio, inclusi i più intensi, per l'espressività e per la varietà. Ma del quale ha colpito soprattutto la totale disponibilità con cui ha interagito con i ben più giovani e meno noti compagni di scena, senza mai in alcun modo cercare il primo piano, da autentico grande artista.

Formazione interessante e da seguire, l'Arcadia Trio, che anche nel disco conferma le ottime impressioni del concerto, compensando l'assenza di Eubanks con il supporto in alcune tracce di una serie di eccellenti musicisti italiani, tra i quali Marco Colonna e Angelo Olivieri.

Foto: Fiorenza Gherardi.

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