Don Cherry: Where Is Brooklyn? & Eternal Rhythm - Revisited
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Nel percorso artistico di molti, è decisivo il rapporto tra emancipazione ed auto-affermazione. Il jazz moderno è spesso testimone di una dialettica feconda tra individualismo e trama collettiva, ma è dirimente il tema dell'originalità. "Se sei come tutti gli altri, a che serve il jazz?," diceva spesso Monk. E un vero "percorso," costellato da innumerevoli stazioni, è stato quello di Don Cherry, mai del tutto soddisfatto delle sue conquiste, costantemente messe in discussione. Ammesso e non concesso che Cherry sia stato per qualche anno nel cono d'ombra di Ornette Coleman (con una costante spinta verso la luce..), le session di "Where Is Brooklyn?" rappresentano proprio il tentativo di emanciparsi da quella stagione memorabile, pur conservandone aromi e spezie piccanti. E' la fine del 1966, la separazione da Ornette conta ormai quattro anni, e nello studio di Rudy Van Gelder, Englewood Cliffs, entrano il trentenne Don e tre amici davvero speciali, Pharoah Sanders, Henry Grimes, Ed Blackwell: un quartetto leggendario, che mantenendo un canovaccio "ornettiano," cerca di volare verso altri lidi, tra elaborazioni di tematiche folk, fanfare adrenaliniche, elegie liriche d'altri tempi. Soprattutto la presenza di Sanders al tenore, che incredibilmente viene collocato nella serata dello stesso giorno (11 novembre) con Coltrane alla Temple University di Philadelphia (!), infonde una temperatura lavica alla musica, sensibilmente composta e arrangiata da Cherry, qui definitivamente emancipato come solista. Temi belli torniti ("Awake Nu"), piroette frammentate e convulse ("Taste Maker"), fino ai sapori blues della mitica "The Thing" e allo swing pacato di "There Is The Bomb" -titolo paradossale per il brano più quieto del disco -, "Where is Brooklyn?" non sarà il disco più rivoluzionario di Don Cherry, ma è un balsamo per l'ascoltatore, che può in filigrana comprendere l'evoluzione del linguaggio di Cherry, la sua sintesi intelligente fra il free degli anni precedenti e uno sguardo più attento alla tradizione. La ritmica di Grimes e Blackwell è una meraviglia.
Lo stesso cd contiene anche l'intera session di "Eternal Rhythm" -e personalmente continuo a non comprendere fino in fondo l'idea di ezz-thetics di accorpare in un unico supporto opere di natura così diversache, esattamente due anni più tardi (Berlino, novembre 1968) ci restituisce un Cherry trasformato ormai da jazzista a tutto tondo ad architetto sonoro dalla mente apertissima, catturato dalle "musiche del mondo," specie quelle asiatiche di derivazione indiana e indonesiana. La filosofia gamelan influenza questo arazzo sonoro di 40 minuti, che giustappone in rapida successione episodi policromi. Un bel caos free, ma di lucida tensione, incastona fanfare, melodie cantabili, tempi dispari e ritorno all'ordine, con l'acme raggiunto dal tema indiano di sette note, dove i metallofoni si confondono con poderosi tromboni, oboi, flauti e la cornetta del leader. Questa musica corale si avvale di straordinari solisti: ad esempio Albert Mangelsdorff (trombone), Sonny Sharrock (chitarra), Bernt Rosengren (fiati), Jacques Thollot (batteria, gamelan, campane), diretti con spirito di dolce anarchia da un Cherry in stato di grazia. Un'opera diversa dalla lettera ma non dallo spirito del coevo "Machine Gun" di Peter Broetzmann, sempre anno 1968, entrambe pietre miliari per tutto il ribollire di jazz creativo e musiche freak del decennio successivo.
Lo stesso cd contiene anche l'intera session di "Eternal Rhythm" -e personalmente continuo a non comprendere fino in fondo l'idea di ezz-thetics di accorpare in un unico supporto opere di natura così diversache, esattamente due anni più tardi (Berlino, novembre 1968) ci restituisce un Cherry trasformato ormai da jazzista a tutto tondo ad architetto sonoro dalla mente apertissima, catturato dalle "musiche del mondo," specie quelle asiatiche di derivazione indiana e indonesiana. La filosofia gamelan influenza questo arazzo sonoro di 40 minuti, che giustappone in rapida successione episodi policromi. Un bel caos free, ma di lucida tensione, incastona fanfare, melodie cantabili, tempi dispari e ritorno all'ordine, con l'acme raggiunto dal tema indiano di sette note, dove i metallofoni si confondono con poderosi tromboni, oboi, flauti e la cornetta del leader. Questa musica corale si avvale di straordinari solisti: ad esempio Albert Mangelsdorff (trombone), Sonny Sharrock (chitarra), Bernt Rosengren (fiati), Jacques Thollot (batteria, gamelan, campane), diretti con spirito di dolce anarchia da un Cherry in stato di grazia. Un'opera diversa dalla lettera ma non dallo spirito del coevo "Machine Gun" di Peter Broetzmann, sempre anno 1968, entrambe pietre miliari per tutto il ribollire di jazz creativo e musiche freak del decennio successivo.
Track Listing
Awaku Nu; Taste Maker; The Thing; The Is The Bomb; Unite; Eternal Rhythm
Personnel
Don Cherry
trumpetBernt Rosengren
woodwindsAlbert Mangelsdorff
tromboneEje Thelin
tromboneKarl Berger
vibraphoneJoachim Kuhn
pianoSonny Sharrock
guitar, electricArild Andersen
bass, acousticJacques Thollot
drumsAdditional Instrumentation
Don Cherry, cornet, gamelan,flute, bells, voice Jacques Thollot, gamelan, bells, voice Karl Berger, piano
Album information
Title: Where Is Brooklyn? & Eternal Rhythm - Revisited | Year Released: 2022 | Record Label: Ezz-thetics
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