Miles Mosley: Uprising

La prima metà del 2017 si è rivelata veramente pienissima per i musicisti che gravitano attorno a Kamasi Washington. Dopo il ritorno di Thundercat, l'esordio di suo fratello Ronald Bruner Jr., l'opera prima di Cameron Graves e il ritorno roboante di Kendrick Lamar è il turno ora di Miles Mosley. Bassista, contrabbassista e cantante (notevole) nonché compositore per cinema e videogiochi, Mosley impacchetta con Uprising un ottimo lavoro, spaziando dal Soul al R&B, mescolando il tutto con grosse dosi di Funk, Salsa e Prog.

È west coast jazz 3.0 quello proposto dal bassista di Hollywood, che ha fatto tesoro di tutte le esperienze maturate (tra le più disparate, si va da Kenny Loggins a Jonathan Davis dei Korn passando da Ms. Lauryn Hill e Gnarls Barkley) nella sua carriera e le ha sintetizzate con intelligenza e bravura. Non una cosa scontata.

Figlio di quelle sessions stakanoviste che hanno dato vita a The Epic di Kamasi Washington, Uprising ha diverse frecce letali nella sua faretra, come il singolo apripista "Abraham" dalle vivaci pennellate fusion, oppure "Sky High" con la sua progressione bella e ruffiana al punto giusto, o l'incalzante "Your Only Cover," la più "pestata" del lotto. Superfluo parlare della qualità dell'organico che supporta Mosley: la West Coast Get Down infatti annovera tra i suoi componenti i già citati Graves, Washington, Bruner, Tony Austin e Ryan Porter, tutti musicisti dell'area di Los Angeles e che rappresentano la vera new wave del modern jazz.

Licenziato dalla Verve (un onore per uno cresciuto ascoltando e consumando l'intero catalogo della label), Uprising è già in heavy rotation sulle emittenti statunitensi e tra i papabili dischi dell'anno nel suo genere.

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