São Paulo Underground: Tres Cabeças Loucuras

Con lui ci sono gli inseparabili Mauricio Takara e Guilherme Granado, il secondo batterista Richard Ribeiro e una bella pattuglia di ospiti, da Kiko Dinucci - nome non notissimo forse agli ascoltatori italiani, ma artista interessantissimo - ai chicagoani Jason Adasiewicz, John Herndon e Matt Lux.

Rispetto ai due dischi precedenti, il disco dà subito l'impressione di una maggiore cantabilità e converge in modo più netto verso le sonorità post-rock che sono tipiche della città-gemella mazurekiana. Ma non si tarda, a partire dall'iniziale "Jagoda's Dream," a entrare rapidamente in sintonia con la formula di Tres Cabeças Loucuras: tropicalismi 2.0 si mescolano a squarci psichedelici, echi arkestrali riverberano dentro ipnosi tribali, come se la musica di Mazurek e soci risultasse da una stratificazione di veli deformanti che lasciano passare i bagliori più acidi.

Leggiucchiando qui e là sui forum qualcuno, non senza qualche elemento di ragione, avanza il sospetto che sia difficile che un disco renda bene la potenza del gruppo dal vivo, ma posto che la dimensione del concerto è quella che maggiormente esalta il post-tropicalismo dei São Paulo Underground, a noi sembra che lasciarsi ipnotizzare da cose come "Carambola" o "Lado Leste," per non dire della dolcezza di "Colibrì" o della ossessione danzante di "Just Lovin,'" sia attitudine che viene ripagata da una febbrile eccitazione sonora.

Alla fine sono febbri tropicali... te ne accorgi mentre danzi e non ci puoi far nulla!

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