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Traditions and Clusters: Franco D'Andrea Sextet con Dave Douglas e Han Bennink
ByTeatro Manzoni - Manzoni - 10.09.2013
Pianisti emergenti come Enrico Zanisi e Jerry Leonide. Vocalist più o meno autenticamente jazz come Dean Bowman e Gregory Porter. Belle realtà consolidate del jazz nazionale come la Contemporary Orchestra di Giovanni Falzone, il Black Hole Quartet, il duo Fulvio Sigurtà-Claudio Filippini. Il cartellone jazz di questa edizione 2013 di MiTo presentava numerosi appuntamenti intriganti. E poi ce n'era uno imperdibile: l'incontro tra il sestetto di Franco D'Andrea, la tromba di Dave Douglas e la batteria di Han Bennink.
Non si tratta, in verità, di un incontro inedito. Da un paio d'anni, infatti, il pianista meranese suona più o meno regolarmente con l'uno o con l'altro dei due ospiti di questa serata. Con esiti a volte meravigliosi (ricordiamo uno splendido concerto in quartetto con Dave Douglas a Bollate nel 2011 - clicca qui per la recensione e qui per la galleria), altre volte meno riusciti, ma pur sempre interessanti. E sicuramente interessante, anche se non impeccabile, è stato questo concerto milanese.
Interessante perchè decisamente orientato al versante tradition della poetica di D'Andrea, che per una volta ha messo un po' in secondo piano la sua anima cluster. Arrangiamenti da marching band, interpretazioni sul filo della nostalgia, ampie citazioni da Monk ed Ellington (complice la presenza di Bennink, veniva in mente la Instant Composer Pool). Interessante nel contrasto tra le atmosfere complessive della musica e le angolosità di alcuni interventi solistici. Interessante per la capacità del gruppo di creare tensioni musicali che trovano risoluzioni inattese.
Non impeccabile, perchè l'inserimento dei due illustri musicisti ospiti in questa occasione non ha offerto spunti significativi. Dave Douglas, non in forma smagliante (può capitare anche ai grandissimi), ha fatto quello che ci si aspetta da una guest star: interventi solistici di classe, ma nulla più.
Han Bennink, dal canto suo, ci è sembrato vittima del proprio personaggio. Più impegnato a mettere se stesso al centro dell'attenzione, a recitare il ruolo del mattacchione (con il consueto ed anche un po' stantio repertorio di gag), che non a dare un autentico contributo musicale all'interno del gruppo. Vista la situazione, Zeno De Rossi ha intelligentemente optato per un drumming leggerissimo, appena accennato. Resta il dubbio sull'utilità di inserire in organico un ospite che non solo annichilisce il batterista titolare, ma altera radicalmente gli equilibri del sestetto.
Se collaborazione tra D'Andrea e Bennink deve essere, meglio forse limitarla al duo. Eventualmente allargato alla presenza di due fiati estroversi e un po' sfrontati come D'Agaro e Ottolini.
Foto di Roberto Cifarelli.
Altre foto di questo concerto sono disponibili nella galleria immagini ad esso dedicata.
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