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Tiziana GhiglioniGiancarlo Schiaffini Duo a Dozza
Teatro Comunale
Dozza (BO)
6.3.2022
Il delizioso borgo di Dozza, sulle colline imolesi, ha ospitato il terzo appuntamento della ventitreesima edizione di CrossroadsJazz e altro in Emilia Romagna, che si è aperta due giorni prima a Casalgrande (RE) con Francesco Bearzatti nell'omaggio a Tony Scott e si concluderà il 24 luglio a Rimini con il Noa 30th Anniversary Tour.
In una delle serate più fredde di questo mite inverno, sotto le rustiche capriate del Teatro Comunale, uno degli spazi di spettacolo più anomali e intimi dell'intero territorio nazionale, si è rinnovato il sodalizio fra Tiziana Ghiglioni e Giancarlo Schiaffini. Esattamente quarant'anni fa, nel 1982, i due s'incontrarono e presero ad esibirsi in duo, per poi dare alle stampe, nel 1987 per la Splasc(H) di Peppo Spagnoli, il loro primo disco: Well Actually, il cui titolo rimane tuttora a designare la loro collaborazione e il cui repertorio è stato in gran parte replicato anche nel concerto qui recensito. Nel prossimo CD invece, già registrato dal vivo ma la cui data di pubblicazione non è ancora certa, il duo sarà affiancato dalla contrabbassista francese Joëlle Léandre, che per sensibilità ed esperienza maturata è del tutto congeniale all'approccio della coppia italiana.
Si potrebbe suddividere il repertorio proposto a Dozza in tre sezioni fra loro intrecciate: gli standard, le composizioni di Schiaffini e i brani di Cole Porter, che il duo ha iniziato a rivisitare in questi ultimi anni. Gli standard sono stati sottoposti a decisi e consapevoli ma non irrispettosi deragliamenti e destrutturazioni. In "Epistrophy," ad esempio, dopo una lunga introduzione il carattere di marcata reiterazione del tema monkiano si è sfrangiato in una serie di invenzioni scabrose ed eccentriche. La versione di "A Portrait of Bert Williams," brano poco frequentato scritto da Duke Ellington negli anni Quaranta, solo nel finale ha lasciato emergere l'andamento tematico piuttosto brioso, mentre un'atmosfera avvolgente ha caratterizzato "Bloozineff" di J.J. Johnson, e un'esasperazione quasi banalizzante è stata conferita dalle basi preregistrate all'incedere di "All Blues." Un trattamento analogo hanno subìto le song di Cole Porter: "I Get a Kick Out of You," "Every Time We Say Goodbye," "Night and Day," "From Now on..." Le deformazioni armoniche, melodiche, dinamiche e timbriche non sono mai risultate beffarde, gratuite o astruse, anzi le deviazioni, le variazioni, più o meno ardite, esplicite o introitate, hanno apportato un arricchimento creativo, una nuova personale visione delle potenzialità insite negli originali.
Ancor più inventivi e sorprendenti si sono rivelati gli original del trombonista, fra i quali è il caso di ricordare soprattutto "Le cinque note," in cui, partendo dal riferimento alla scala pentatonica cinese, un'armonia dapprima evocativa e sospesa si è sviluppata verso accenti dalla corporeità relativamente più aspra, e "Chirullimaconi" che parte dal testo strampalato tratto da una cartolina postale di Fortunato Depero (i futuristi non sono forse stati i primi inventori della mail art?), pretesto per avviare uno scat ironico e forbito, un intreccio scanzonato fra le voci complementari e spericolate della cantante e del trombone.
Tutta la performance in definitiva si è retta sul collaudatissimo interplay messo a punto dai due artisti in decenni di esperienza. Ghiglioni ha espresso la sua vocalità, fatta di sottintesi, di enigmatici intimismi, di sussurri, ma anche d'imprevedibili impennate, di ripiegamenti poetici, di alterazioni bizzarre, oltre che sorretta da un timing esemplare. Il trombone di Schiaffini dal canto suo ha esposto una pronuncia sempre controllata e ricca di inflessioni, includendo raramente nuclei dall'espressività declamatoria e grassa, ricorrendo più spesso a rigorose idee riesumate dall'esperienza d'avanguardia o a frasi tornite in evoluzioni insinuanti. Ma la componente più funzionale ed efficace, la peculiarità qualificante è consistita nell'uso di basi preregistrate su nastro magnetico, elaborate dallo stesso Schiaffini ricorrendo a soluzioni ritmiche e sonore sempre diverse; quasi in tutti i brani questo espediente ha costituito il collante di sottofondo, l'indispensabile impianto compositivo, la griglia strutturale su cui erigere ogni interpretazione.
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