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Things We Like: Ottobre 2012

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Enrico Bettinello

Allora: è arrivato il freddo e questa è già una bella fregatura!

Poi ci si mettono anche da "Lassù" [ciascuno declini secondo fede e convincimento personale], che pare che tra cherubini e serafini, angeli e santi - che infatti si sono presi Ayler al primo colpo! - ci sia un gran giro di free jazz e improvvisazione, tanto che nel giro di poche settimane hanno richiamato a sé John Tchicai, Bill Brimfield, Borah Bergman e David S. Ware!

E a chi lamentava una carenza dell'aspetto compositivo... eccovi un bel Hans Werner Henze, così per un po' state buoni!

E accontentati anche quelli per cui mancava qualcosa di più "leggero": prendete qua Terry Callier e non se ne parla più!

Sorridiamo in queste righe, ma è stato un mese davvero terribile [Tchicai e Ware ho avuto anche l'onore di conoscerli di persona] che ci ha portato via artisti e personalità umanamente insostituibili.

Ecco quanto ha scritto il pianista Matthew Shipp per ricordare l'amico e collega Ware.

Ed ecco un bel video per ricordare Tchicai.

Del grande Terry Callier, talento forse sfruttato in modo riduttivo dall'ambiente nu-jazz, voglio ricordare questa splendida canzone< "Golden Circle":

Venendo a cose meno tristi, segnalo intanto un disco che avevo ricevuto da un po,' ma che per puro caso ho ascoltato solo in questi giorni: si tratta di Senza alibi del Collettivo Bassesfere.

Non solo i musicisti, ben conosciuti dai nostri lettori, sono davvero intensi e originali [gente come Vincenzo Vasi, Beppe Scardino, Fabrizio Puglisi, Edoardo Marraffa, Cristiano Calcagnile, Mirko Sabatini, Pasquale Mirra e altri...], ma è la musica a vibrare nel modo migliore, compresa una bella versione di "Oska T," uno dei temi di Monk che più mi piacciono.

Un libro davvero riuscito è Claudio Fasoli - Note interiori, un musicista si racconta, bel viaggio dialogato nel mondo del sassofonista a cura del collega Francesco Martinelli. I segreti della riuscita del libro stanno in primis nell'intelligenza e disponibilità di Fasoli, poi certamente nella ricchezza di episodi e di spunti che Martinelli riesce a governare in quella che è una chiacchierata amichevole al cui calore è impossibile sottrarsi.

Da accompagnare magari con uno dei "classici" di Fasoli, che ha postato alcuni suoi dischi completi nel suo canale YouTube e che qui vediamo in un bel concerto di una trentina di anni fa.

Chiudiamo ottobre con l'uscita di Landing on a Hundred, nuovo disco di Cody ChesnuTT, di cui avevamo molto amato Headphone Masterpiece. Moooolto classico, moooolto black, certamente meno ruvido del precedente, ma tutto da ascoltare, anche perché in certi momenti pare di sentire Marvin Gaye e a noi tutto questo non dispiace mica, vero? A voi un assaggio con "'Till I Meet Thee"

Luca Canini

NOVITA' (IMPERDIBILE). La Pi Recordings, che Iddio la benedica, ha messo sul mercato un doppio che testimonia la reunion, sul palco del Miller Theatre della Columbia University, dello storico trio di Sam Rivers. Anno 2007. Al suo fianco Dave Holland e Barry Altschul. Commovente intensità. Questo è già la gemma dell'anno.

SAM RIVERS (AGAIN). Qualcuno (c'è sempre qualcuno che si diverte a fare questo genere di domande) mi ha chiesto qual è la mia ballad preferita. Così, su due piedi, ho risposto "Beatrice" di Sam Rivers. Poi ci ho riflettuto. E ho risposto ancora Beatrice di Sam Rivers.

ADDIO (COLLETTIVO). Ottobre, e non aprile, è il mese più crudele. Quello del 2012 si è portato via John Tchicai, Borah Bergman, David S. Ware e, qualche giorno fa, Terry Callier. Resta la loro musica. E un grande vuoto.

RIASCOLTI (AUTUNNALI). Saranno i primi freddi. Le foglie che cadono. Forse il cielo basso e pesante. Sarà che è il periodo giusto per certi (ri)ascolti, ma è da qualche settimana che le sinfonie di Jan Sibelius mi tengono compagna. Ascoltando il secondo movimento della terza, non posso non chiedermi come sia possibile che in Italia, ancora oggi, il compositore finlandese sia praticamente ignorato.

CONFERME (SPLENDIDE). Michael Gira è stato e resta uno dei grandi profeti-visionari della musica americana. L'ultima fatica dei suoi Swans è il compendio straripante di un viaggio lungo trent'anni. E "Song for a Warrior", prestata alla voce intensa e fragile di Karen O, è uno dei più bei pezzi ascoltati di recente.

Maurizio Comandini

Il mese di ottobre ci ha regalato alcune gemme radiofoniche e televisive che rimarranno certamente in rotazione, nei nostri ascolti, anche nei prossimi mesi.

Cominciamo con due concerti messi in onda, nelle settimane scorse, dall'ottimo Pino Saulo su Rai Radio Tre. Sono stati registrati nei primi mesi del 2012 al Teatro Manzoni di Milano, all'interno del calendario di Aperitivo in Concerto (coordinato dal sempre attento Gianni Gualberto, bravissimo a cercare le migliori gemme nel mutevole firmamento musicale attuale). Stiamo parlando del concerto del saxofonista Michael Blake col suo progetto Kingdom of Champa e di quello dei Material guidati da Bill Laswell con il contributo essenziale del tastierista Bernie Worrell.

Per Michael Blake si tratta della riproposizione dal vivo del suo primo album, registrato nel 1996 e uscito nel 1997 per la tedesca Intuition Records. La formazione rimane quasi immutata rispetto al disco e presenta sul palco milanese Michael Blake al sassofono tenore; Billy Martin e Hamid Drake alla batteria e alle percussioni; Bryan Carrott al vibrafono; Tony Scherr al contrabbasso e al basso elettrico; Rufus Cappadocia al violoncello; David Tronzo alla slide guitar; Clark Gayton al trombone; Steven Bernstein alla tromba e Naissam Jalal ai flauti. Il concerto è piuttosto lungo ed è inframmezzato dai commenti sempre divertenti del leader. La musica tradizionale vietnamita, che ispira il progetto, viene presa come pretesto per una lunga cavalcata rilassata, ma emotivamente intensa, che ci penetra dolcemente nell'anima. In particolare il brano finale, "Perfume River" dura oltre venti minuti e diventa una sorta di dolcissimo catalogo irrituale che presenta, uno dietro l'altro, tutti i solisti, lasciandoci la voglia di riascoltare questi splendidi musicisti.

Il concerto dei Material di Bill Laswell era inizialmente previsto con la magnetica presenza della cantante etiope Gigi, da tempo consorte di Laswell. Purtroppo seri motivi di salute hanno impedito alla bravissima cantante africana di essere presente. Ma Laswell non si è lasciato abbattere da questo spiacevole imprevisto e ha lasciato spazio al benemerito tastierista Bernie Worrell che ha iniziato il concerto in perfetta solitudine scatenando su Milano la forza dell'uragano blues. In una lunga medley improvvisata Worrell ha evocato lo spirito dei tastieristi che si esibiscono la domenica mattina nelle chiese americane. Del resto tutti i concerti di "Aperitivo In Concerto" si svolgono la domenica mattina. Per cui l'atmosfera era ben coerente, anche se Milano non è Harlem e il Teatro Manzoni non è l'Apollo Theater. Dopo questa bellissima introduzione sono arrivati sul palco anche Bill Laswell al basso; Dominic Kanza alla chitarra; Hamid Drake alla batteria; Ayib Dieng alle percussioni; Steven Bernstein alla tromba e Peter Apfelbaum ai saxofoni. Il concerto è stato leggermente più breve rispetto a quello di Michael Blake, ma altrettanto intenso, anche se forse un po' meno originale. Comunque è stato un bellissimo concerto che ci eravamo goduti anche dal vivo, a differenza di quello di Blake che abbiamo ascoltato solo ora in broadcast radiofonico.

Cambiando continente, segnaliamo anche il bellissimo concerto della Tedeschi-Trucks Band "Everybody's Talkin' - Live From Red Rocks," disponibile in versione video HD tratta dalla TV americana AXS TV (già nota come HDNet). Registrato dal vivo al Red Rocks Amphitheatre di Morrison, in Colorado, il 30 agosto del 2012. Il suono caldo e avvolgente della Tedeschi-Trucks Band non finisce di stupirci. Il doppio album dal vivo Everybody's Talkin' era sembrato un piccolo passo indietro rispetto al fantastico esordio di "Revelator" (uscito nel 2011). Ma evidentemente il lungo tour estivo negli States ha rodato perfettamente il materiale e in questo concerto la band è di nuovo scintillante, con la chitarra slide di Derek Trucks sempre in grado di esaltarci e di catturarci l'anima, e la voce di Susan Tedeschi ormai all'altezza delle grandissime cantanti di blues, di soul e di rhythm and blues. Forse il miglior gruppo live del momento.

Se il rock classico è sempre nei vostri cuori, non fatevi scappare l'ottimo live dei Doors Live at the Bowl che ci presenta il loro celebre concerto del 5 luglio 1968 all'Hollywood Bowl di Los Angeles. Jim Morrison è in ottima forma e la versione finale di "The End" è davvero convincente. Il live è disponibile su CD e su DVD. Bruce Botnik (il tecnico del suono dell'epoca) ha meticolosamente restaurato l'audio dal master originale e ci consegna un documento prezioso. Assolutamente imperdibile.

Per gli amanti della musica oltre ogni confine, segnalo l'eccellente Allelujah! Don't Bend! Ascend! del gruppo Godspeed You! Black Emperor, uno dei segreti meglio nascosti della discografia mondiale. L'elettronica gorgogliante e avvolgente fa da sfondo alle incursioni in pieno stile jam di questa band canadese attiva sin dal 1994. Un miscuglio affascinante che non smette di stupirci.

Per finire non può mancare una chicca video: la strepitosa versione di "Dig a Pony" della deliziosa Annie Clark meglio nota come St. Vincent. Per me è sicuramente la ragazza dell'anno. Tutta sola sul palco con la sua chitarrina Harmony da 35 dollari al mercato delle pulci. Mi ha steso. Non a caso ha appena fatto un album con il grande guru David Byrne.

P.S: Per chi non ne potesse fare a meno, segnalo anche una ulteriore versione dello stesso brano, una canzone non troppo famosa dei Beatles. Una cover destrutturata che ricorda l'approccio alla ritmica del mitico Jimi Hendrix, fatta più di frammenti di accordo e di mini riff che non di accordi pieni. Stavolta la ragazza imbraccia una chitarra Fender Jaguar, ma l'energia è sempre quella, lei è magicamente incazzata e dolce allo stesso tempo. Lo ripeto: è la ragazza dell'anno.

Libero Farnè

I LIKE A FREE VOTE: Ottobre, tempo di funghi, castagne e vino nuovo... ma anche di Top Jazz. Quest'anno il referendum indetto da Musica Jazz fra i critici e i giornalisti del settore ha opportunamente reintegrato la sezione sul jazz internazionale e snellito quella sul jazz italiano. I risultati si sapranno col numero di gennaio.

Certo ci sono votazioni più impegnative, che comportano conseguenze socio-politiche determinanti, ma anche partecipare alla votazione del Top Jazz significa rispettare le più elementari regole deontologiche e fare i conti con la propria coscienza; è opportuno che ogni elettore si dia propri criteri di scelta e si attenga con coerenza ad essi, anche se gli rimarrà comunque il rammarico di non riuscire a premiare tutti i musicisti che ritiene meritevoli.

Ben venga il Top Jazz dunque, a condizione che la votazione sia consapevole, ponderata e soprattutto libera da condizionamenti esterni. Sì, perché purtroppo i suggerimenti, velati o espliciti, arrivano puntualmente da parte di case discografiche, distributori o singoli musicisti. E la cosa che più mi sorprende è che, come ho potuto constatare nelle passate edizioni, alcuni colleghi, anche insospettabili, accolgono quei suggerimenti. Le ragioni non riuscirò mai a capirle e condividerle!

Angelo Leonardi

Pianisti.

Davvero imperdibile è il doppio album di Fred Hersch Alive at the Vanguard (Palmetto Records), in trio col bassista John Hébert e il batterista Eric McPherson. Il disco segue di un anno quello in solo inciso sempre nel celebre locale. Il pianista di Cincinnati conferma d'essere uno dei grandi strumentisti contemporanei attraverso brani originali e fantasiose reinterpretazioni di classici del jazz e della canzone americana: "Lonely Woman," "Nardis," "I Fall in Love Too Easily," "Doxy" eccetera.

Ricordate Walter Norris? Partecipò a Something Else!!! il primo album di Ornette Coleman ed è stato uno dei rarissimi pianisti scelti dal sassofonista. Nel 2008, qualche anno prima di morire all'età di 79 anni, ha dato un significativo concerto a Berlino con il nuovo nome del pianismo polacco, Leszek Mozdzer, ora pubblicato dalla ACT col titolo The Last Set—Live at the A-Trane. Norris sapeva operare con maestria sia nel jazz che in ambito classico e ciò spiega l'affinità espressiva con Mozdzer. In questo confronto pianistico l'empatia è palpabile, tanto quanto le alte doti strumentali dei protagonisti.

Auguri John: Quest'anno John McLaughlin ha raggiunto i settanta e li festeggia con la pubblicazione di Now Here This, inciso con il quartetto The 4th Dimension con cui aveva inciso due anni fa To the One. Con questo gruppo suonerà l'11 novembre al London Jazz Festival. Chi amava la fusion stile Mahavishu Orchestra farà salti di gioia perché per il chitarrista inglese il tempo sembra essersi fermato (nel senso buono del termine). La musica di questo disco sarà datata ma è elettrizzante. Particolarmente in vista il drumming esplosivo di Ranjit Barot.

Italia: Restiamo in Italia, ma si fa per dire. Ascoltando il nuovo disco del gruppo Latin Mood guidato da Fabrizio Bosso e Javier Girotto a tutto si pensa fuorchè all'Italia (visti i tempi verrebbe da dire per fortuna). Il titolo è Vamos (Schema Records) un nuovo coinvolgente esempio di latin jazz in cui s'incontrano i vari elementi musicali del centro e sud america. Accanto ai due leader troviamo il pianista Natalio Mangalavite, il bassista Luca Bulgarelli, il batterista Lorenzo Tucci e il percussionista Bruno Marcozzi. Tra i momenti migliori del disco la versione di "Algo Contigo," un classico di Chico Navarro cantato benissimo da Mangalavite.

Stefano Merighi

Un disco recente che non delude le attese, Michael Formanek Small Places. Il bassista-compositore riesce a coordinare un quartetto allstar, piegando le fantasie solistiche dei singoli a vantaggio dell'idea compositiva e poetica sottesa a ciascun brano. Musica densa e fuori dalle gabbie, capace di scavare ancora nel dilemma che intreccia pagina scritta e intuizione immediata. La complessa e lunga "Parting Ways" non annoia un attimo nella sua ricerca spasmodica ed è il pezzo-chiave dell'opera. Eccellenti il leader, Craig Taborn, Gerald Claver, ma le parti di Tim Berne nella conclusiva "Soft Reality" non si dimenticano.

Lettura di questo mese che sta una spanna sopra tutto: i racconti di Alice Munro raccolti nel volume Einaudi "Nemico, amico, amante...". Perle narrative che accendono fuochi roventi da dettagli di vite anonime o comuni. Una capacità tutta moderna di riprendere idee proustiane o joyceiane nel creare intere voragini di pensieri da un banale ricordo o da atti mancati. L'ultimo racconto, "The bear came over the mountain," è un capolavoro.

Tornare spesso a Steve Lacy. Trovare a volte tesori sonori in opere minori o in jam session dimenticate. Lacy ha suonato spesso insieme al percussionista giapponese Masahiko Togashi (una star in Oriente, sconosciuto da noi). In un live dell'86, pubblicato anche in doppio CD, Bura-Bura, gli assoli di Steve sono tutti da assaporare, in alcuni casi divini come in "Mopti". Il pezzo è di Don Cherry che, guarda caso, è alla tromba, al piano e voce. Al basso un certo Dave Holland. Che si vuole di più?

Musica pop. Le riflessioni di questi anni, anche in questo genere di musica irrinunciabile, ruotano attorno al rifacimento, al ritocco, alla citazione che diventa frammento per nuove composizioni. Una band che mi sembra sottrarsi a questo gioco e osare invece ancora un pizzico di originalità è quella dei Grizzly Bear. Dopo alcuni dischi osannati da critica e fans, il recente Shields è stato accolto da un certo scetticismo. Invece a me pare magnifico: scarti melodici, uso delle voci, sonorità e arrangiamenti del tutto inconsueti. Provare l'iniziale "Sleeping Ute".

E, per restare in tema, ma con un respiro più "classico," la tournèe dei Wilco, un vero trionfo performativo, con un Nels Cline alla chitarra sempre più adrenalinico...

Neri Pollastri

Enrico Zanisi Trio - Life Variations (CAM Jazz) / Alessandro Paternesi P.O.V. Quintet - Dedicato (Radar): due dischi, entrambi eccellenti e perfino sorprendenti, che mettono in mostra i due giovanissimi autori, presenti assieme in ambedue i lavori: Enrico Zanisi, pianista romano classe 1990, e Alessandro Paternesi, batterista di Fabriano classe 1983, mostrano idee e classe, creatività e abilità, messe al servizio di una musica originale, difficile da inquadrare in uno dei "sottogeneri" dell'attuale produzione jazzistica: lirica ma tesa, astratta ma materica, fruibile ma strutturata. Ci sarà tempo per parlare in dettaglio dei due dischi, ma intanto merita segnalarli subito: notevolissimi!

Mauro Ottolini Sousaphonix - Bix Factor (Parco della Musica): SuperOtto, presente un po' in tutti i dischi interessanti dell'anno (suona e arrangia il CD di Rava dedicato a Michael Jackson, è nell'Adriatics di D'Agaro e nel bell'Acrobats di Tino Tracanna, ancora con D'Agaro compone uno splendido trio con Simone Zanchini, era nel superbo doppio CD di D'Andrea Traditions and Clusters...), presenta l'ultima versione dei Sousaphonix e - per non farci mancare nulla! - ci allega un delirante libro di fantascienza a sfondo musico-sociale: viaggi nel tempo tra la New Orleans di Bix e il Veneto dei leghisti, presenti e futuri. Non pago, apre anche un sito Internet dedicato, www.desertodelgarda.com, per continuare nello sberleffo. Ma dove la trova tutta questa energia? Vabbé, stavolta s'è fatto aiutare: il libretto è scritto a quattro mani con la cantante Vanessa Tagliabue Yorke, che anche nel disco fa un figurone. Bella scoperta, bel disco, bella formazione. Grande Otto!

Enten Eller Orkestra - E(x)tinzione: Già apprezzata nel doppio CD E(x)tinzione, l'orchestra che nasce dal quartetto Enten Eller mostra tutte le sue qualità dal vivo, come accaduto giovedì 18 ottobre all'Open World Jazz & Foto Festival di Ivrea. Ancor più affiatata e con Mandarini quasi del tutto libero di dirigere gli archi, l'orchestra ha messo in mostra una musica interessantissima, che si avvale dei toccanti ed efficaci testi di Franco Bergoglio e sposa eccellentemente scrittura e improvvisazione solistica, musicisti ora squisitamente jazz, ora di altra estrazione (l'arpista Marcella Carboni, la cantante Laura Conti). Splendido l'impiego degli archi, più volte condotti da Mandarini a duettare con gli strumenti solisti: in particolare, mirabile un duetto con Giovanni Maier. Che spettacolo! Sarà forse la spinta ideal-politica, ma la musica è sembra tornata a essere creativa!

Luigi Santosuosso

Sarà che ci stiamo avvicinando all'inverno, ma l'uscita di due dischi di altrettanti idoli giovanili non poteva essere più propizia.

Sunken Condos il primo CD di Donald Fagen dall'ormai lontano Morph the Cat(del 2006) e forse il migliore dopo l'inarrivabile The Nightfly. Circondato come al solito da un nugolo di session men di classe, Fagen non manca di invitare qualche ospite che confermi le sue credenziali jazzy; in questo caso Walt Weiskopf al sax, il chitarrista Jon Herington, l'ottima cantante Catherine Russell (certamente sacrificata come corista) e Michael Leonhart a curare la produzione. Ma a spiccare è la presenza di Kurt Rosenwinkel che impreziosisce "Planet D'Rhonda" con un assolo di bellezza narrativa allo stesso tempo personale e perfettamente inserito nella tradizione di quelli ormai classici di Steve Khan ("Glamour Profession"), Larry Carlton ("Kid Charlemagne") o Dean Parks ("Haitian Divorce") da vari dischi degli Steely Dan.

Songs of Family, l'ultimo volume della saga "Close-Up" di Suzanne Vega, in cui la cantante newyorchese sublima il suo repertorio reinterpretandolo in versione minimalista. Se le interpretazioni per sola voce e chitarra sono la vera cartina al tornasole per ogni cantante... allora Suzanne Vega deve essere dichiarata dall'UNESCO patrimonio culturale dell'umanità.

Meno male che si sta avvicinando l'inverno...

Maurizio Zerbo

In occasione dei suoi concerti italiani, ne abbiamo approfittato per riascoltare alcuni capolavori di Anthony Braxton. Superbo innovatore del linguaggio jazzistico sin dalla fine degli anni '60, Braxton ha sempre lasciato tracce fecondissime grazie ad uno spettro vastissimo di soluzioni sia compostive che timbriche. Emblematica è in tal senso la composizione "37" per quartetto per soli sassofoni, inclusa nel capolavoro New York Fall 1974. È un brano fondamentale per gli sviluppi del free-bop nel prefigurare una formula ampiamente praticata negli anni'80 dal Word Saxophone Quartet, 29th Street Saxophone Quartet e Rova tra tutti. A scorrere poi le note di copertina del vinile si ritrovano tre dei componenti storici del World Saxophone Quartet (il fondatore Julius Hemplill, Oliver Lake, Hamiett Bluiett) costituitosi tre anni dopo l'incisione di New York Fall. A pensarci bene c'è chi nel mondo del jazz con una idea ci vive dieci o venti anni mentre Braxton semina e lancia idee investendovi un brano al massimo un disco.

"Tin Roof Blue" (1923) del New Orleans Rhythm Kings: è un blues astratto e malinconico che riassume la grande varietà del jazz bianco negli anni '20. Ne sono protagonisti Paul Mares alla tromba, Leon Roppolo al clarinetto, Paul Brunies al trombone, Leon Stitzel al pianoforte, Ben Pollack alla batteria. Paul Mares e dopo di lui Bix Beiderbecke introducono per la prima volta nel jazz un fraseggio introverso, lirico e malinconico. Ed in più cantabilità melodica che aggiunta ad suono caldo e morbido sarà il modello interpretativo di centinaia di trombettisti bianchi. Un brano ed un gruppo da riscoprire!.

Foto di Cees van de Ven (Formanek) e Luca D'Agostino (Ottolini).

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