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The Book Is on the Table
ByFotografie di Pietro Bandini
Parma Jazz Frontiere
Da molti anni Pietro Bandini accompagna il mondo del jazz con il suo sguardo attento, sensibile, ironico. In questo libro troviamo le immagini che il fotografo ha raccolto lungo dodici edizioni del festival Parma Jazz Frontiere (dal 1996 al 2007).
Sono immagini in bianco e nero. "Vorrei che nessuno pensasse che io professi il culto del bianco e nero. E' che a un certo punto della mia vita ho finito i rullini a colori e per dodici anni ho utilizzato quelli rimasti nella borsa".
Sono immagini prese con una macchina analogica. "Nemmeno vorrei che qualcuno pensasse alla vecchia macchina fotografica come ad un altro culto e che io veda il demonio nelle nuove tecnologie. Tutt'altro. E' che purtroppo di rullini nella borsa ce ne sono ancora e prima vorrei finirli tutti."
Così scrive Bandini nelle note introduttive al libro. E ancora: "si tratta di immagini che parlano del mondo di questa musica da dentro. Sono foto dentro la musica. Ma anche un po' sui lati. E anche da dietro."
Sono parole che riflettono molto bene non solo il carattere ironico e vagamente surreale dell'uomo, ma anche il punto di vista originale, divergente, personalissimo del fotografo. Perché Bandini è fotografo atipico. Le sue immagini sono assai distanti dall'iconografia classica del jazz. Qui non troviamo locali fumosi. I musicisti non sono né maudits, né cool. Sui loro volti non si legge mai l'estasi del fare musica.
Si direbbe anzi che Bandini si diverta a smontare tutti questi stereotipi, a fare brandelli della retorica cui è sovente associato il jazz. Per farlo, usa l'arma dell'ironia. Un'ironia mai corrosiva o distruttiva. Delicata, affettuosa e partecipe, piuttosto. Ma pur sempre dirompente.
I suoi jazzisti sono infatti tutt'altro che mitici od eroici. Prima che musicisti, sono men at work, persone fotografate mentre stanno svolgendo il proprio lavoro. Un lavoro che - come sa bene chiunque abbia un minimo di dimestichezza con l'ambiente musicale - non è fatto solo di momenti esaltanti, di performance sul palcoscenico e di applausi. E' fatto anche di piccoli gesti quotidiani.
Attività routinarie, come la preparazione dello strumento. Prima immagine del libro: Roberto Dani che fissa un piatto sul supporto.
Viaggi. Ultima immagine del libro: ancora Roberto Dani, solitario, che trascina un trolley.
Momenti di stanchezza. Beppe Caruso che dorme tra le sedie del teatro vuoto. Alberto Tacchini accasciato sulla tastiera del pianoforte.
Momenti di pausa. Lucia Minetti con una tazza di thè. Riccardo Luppi e Stefano Battaglia colti mentre chiacchierano amabilmente.
Ed anche in quegli scatti in cui il musicista è ritratto nell'atto di suonare, al centro dell'interesse di Bandini non c'è la musica, né il gesto sullo strumento. C'è, piuttosto, la stranezza di una situazione (Caterina Dell'Agnello accanto ad una carriola, Tiziana Paoli su un palco coperto di rose). La curiosità di una prospettiva (il ricciolo della viola che si sovrappone all'occhio di Paolo Botti). La tensione - tutt'altro che estatica e beata - che si legge in uno sguardo (spiritato quello di Marco Remondini, inceneritore quello di François Couturier).
Svuotato di tutto il suo glamour, il jazz di Bandini è un jazz che scende dall'olimpo e si sporca le mani. Diventa concreto, operaio. A tratti anche un po' sfigato, se ci passate il termine. Ma proprio per questo vivo, reale, e carico di poesia.
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