Marco Giongrandi Soares Quartet: Departures

Dedicato alla figura e alla poetica di Antonio Tabucchi (che si specchia in quella di Pessoa o del suo eteronimo, Soares, nome del gruppo), questo esordio discografico parla già un linguaggio maturo e racconta di un affiatamento umano ed artistico sicuramente palpabile.

Al di là dei riferimenti letterari e dell'obiettivo di plasmare le atmosfere sfuggenti di Tabucchi con sonorità trasparenti e crepuscolari, ciò che attrae della musica è la sua naturalezza melodica, che trascende ogni infingimento intellettualistico.

Marco Giongrandi e Nicolò Ricci (chitarra e sax tenore) tessono melodie incuranti di inseguire una sperimentazione ad ogni costo. E fanno bene, seguono la loro natura di musicisti molto preparati, capaci di tradurre la tecnica in emozioni, sorretti e coadiuvati da una ritmica palpitante, dinamica.

Se la traccia di apertura richiama il periodare di un Pat Metheny d'annata, con ariose variazioni armoniche ma anche un'insistenza modale, già "Departures" mostra personalità e sicurezza nel trarre alti risultati da una forma di ballad, con estrema economia di mezzi.

Altre composizioni sono ben strutturate, spesso con un descrittivismo elegante, ma tocca nel vivo "The Falling Snow," sorta di falso tango dal languore irresistibile che offre prima un ottimo Pietro Martinelli al basso e poi il lirismo asciutto di Ricci, vicino all'eloquio di un Chris Potter.

Questi colori sudamericani in minore brillano anche in "Please, Please, Please Let Me Get What I Want," accarezzata da volumi rarefatti, e nella conclusiva "Winter Remembrance," che chiude in bellezza l'album.

Un plauso al quartetto e soprattutto a Giongrandi, leader discreto, capace di comunicare scaltrezza strumentale e una regìa musicale già rodata.

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