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Steve Lehman: Sélébéyone

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Steve Lehman: Sélébéyone
Due sarebbero i modi più appropriati e coscienziosi di iniziare questa recensione. Il primo: una rapida carrellata sui precedenti tentativi di contaminazione tra jazz e hip hop (entrambi i generi intesi nel senso più ampio e inclusivo possibile). Da Steve Coleman e Greg Osby alle lucide visioni di Mike Ladd e Vijay Iyer, dal Miles Davis di Doo-Bop alle sperimentazioni targate Thirsty Ear di Matthew Shipp, dalle leziosità anni Novanta (ricordate il sax di Branford Marsalis alle prese con Dj Premier?) ai vari Flying Lotus, Madlib, Robert Glasper e Kendrick Lamar. Tanto per precisare che non ci stiamo muovendo in una terra di nessuno e che di chilometri dai tempi dei pionieri ne sono stati percorsi parecchi. Il secondo: un dotto inquadramento delle recenti fatiche di Steve Lehman, con annesso contributo alla poco avvincente disputa sul tema: «Passo avanti, passo di lato o passo indietro dopo i fasti dell'ottetto?». Elucubrazioni stimolanti fino a pagina due. Se non altro perché si finisce inevitabilmente per scivolare in una sorta di processo alle intenzioni, con tutti i limiti e le aporie del caso. Meglio passare oltre, resistendo alla tentazione (sempre forte, inutile negarlo) di storicizzare e sistematizzare per avere le spalle coperte.

Passare oltre e mettere subito le cose in chiaro: da qualunque parte lo si prenda, lo si giri e lo si soppesi, per quanto si provi a circoscriverlo e ad addomesticarlo, Séléyébone è un disco enorme. Gigantesco nel modo di porsi e imporsi, nella capacità di scaricare a terra al primo ascolto tutti i cavalli di un motore congegnato con visionaria lucidità. Seguendo il filo logico di un progetto tanto ambizioso quanto azzardato: trovare un punto di perfetto incontro e pacifico equilibrio tra la spigolosa estetica del padrone di casa, l'abrasiva vitalità del rapper senegalese Gaston Bandimic, arrivato a Lehman via Parigi grazie ai buoni uffici del sassofonista Maciek Lasserre (sua la firma in calce a un paio di brani), e le inquiete meditazioni dell'alchimista High Priest (alias HPrizm), tra i fondatori del collettivo Antipop Consortium e già compagno di scorribande di Matthew Shipp sotto l'egida della Thirsty Ear.

Un pasticciaccio di nomi e provenienze che sa di rompicapo irrisolvibile anche solo a leggerlo, una matassa ingarbugliata di stili e linguaggi che pare impossibile dipanare. E invece, miracolosamente, tutto fila, le tessere combaciano, i piani si sovrappongono senza urtarsi all'interno di una dimensione inclusiva e sperimentale.

Certo, che di mezzo ci sia Lehman, per chi sa e frequenta, è più che palese fin dai primissimi secondi dell'iniziale "Laamb," con quel pianoforte ossessivamente incagliato in un arpeggio sghembo a cadenzare l'introduzione in lingua wolof di Gaston Bandimic. Lehman all'ennesima potenza: definito, preciso, riconoscibile; l'io narrante (e garante) che dall'alto osserva e guida, dispone e controlla. Facendo proprie le identità altrui senza però violentarle o tradirle, in un processo di rigorosa e perfetta osmosi il cui esito è stupefacente, arioso, quasi democratico. Ascoltare per credere il vorticare dei sassofoni che fa da scheletro alla dinoccolata "Are You in Peace?"; l'inquietante deflagrare di "Origine" dopo un avvio alla Sun Ra; le atmosfere newyorchesi della notturna "Hybrid," attraverso la quale si aggirano come spettri i versi taglienti di High Priest (there's a revolution, where are you?); l'isterica e conclusiva "Bamba," lehmaniana fino al midollo eppure perfettamente aderente al salmodiare mistico e ruvido di Gaston Bandimic (sul sito internet di Lehman sono disponibili le trascrizioni delle parti in inglese e le traduzioni di quelle in wolof).

E se è vero che a tratti emerge netta la sensazione di avere a che fare con musica perversamente artificiosa, con il risultato di un esperimento genetico condotto con geniale freddezza, non si può non riconoscere a Lehman il merito di essere sempre e comunque sintonizzato sulle frequenze del presente: con coraggio, dedizione assoluta e incrollabile fiducia. Vi pare poco?

Track Listing

Laamb; Are You In Peace?; Akap; Origine; Cognition; Hybrid; Dualis; Geminou; Bamba.

Personnel

Steve Lehman
saxophone, alto

Gaston Bandimic: vocals; HPrizm: vocals; Steve Lehman: alto saxophone; Maciek Lasserre: soprano saxophone; Carlos Homs: piano, keyboards; Drew Gress: acoustic bass; Damion Reid: drum set.

Album information

Title: Sélébéyone | Year Released: 2016 | Record Label: Pi Recordings

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