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Pierre Bastien

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Area Sismica - Forlì - 31.10.2007

Come definire Pierre Bastien? Artista-artigiano del suono? Alfiere della musica elettro-meccanica? Futurista rétro? Conoscitore del segreto legame alchemico fra poesia e automazione?

Poco importa: le definizioni servono solo a soddisfare un’esigenza di ordine e di possesso mentale della realtà da parte di chi la osserva, ma non sono la realtà.

Ciò che conta è che Bastien, con la sua costruzione di automi musicali usando ingranaggi del meccano, motori elettrici e parti di altri strumenti riciclati, con le sue composizioni per questi automi e con le sue esibizioni, dà voce e forma a quel “bambino interiore” che è non solo dentro di lui, ma dentro ognuno di noi (benché quasi sempre ben nascosto), dal momento che tutti, adulti e non, di fronte alle sue creazioni rimangono affascinati e incantati, di quella meraviglia che è appunto dei bambini, che rimangono a bocca aperta scoprendo tutto ciò che di nuovo e d’incredibile la vita riserva loro.

E come i bambini, Bastien gioca: gioca creando i suoi meccanismi e le sue orchestre di strumenti automatici, gioca a fare il direttore di queste sue orchestre, scegliendo le combinazioni sonore che esse producono e guidandone lo sviluppo e la successione temporale, gioca creando paesaggi sonori immaginari e producendo con essi mistero, magia o poesia, e lasciandosi guidare dall’atmosfera creata dalle sue macchine per interagire e dialogare con loro, con la sua tromba, che ha anch’essa la voce di un bambino sognante e immerso nella sua occupazione più seria ed importante, quella appunto del gioco. Il gioco è essenzialmente immaginazione, fantasia e creazione; e non è un caso che in molte lingue il verbo “suonare” coincida con “giocare”.

Bastien, che nel corso degli anni ha assemblato vari tipi di meccanium (così chiama le sue macchine musicali) - comprese alcune imponenti orchestre di automi che suonano strumenti tradizionali -, in questa occasione ha scelto un set-up abbastanza minimale: un vecchio giradischi, un motore elettrico che azionava un certo numero d’ingranaggi, delle ance prelevate da un vecchio organo elettrico, controllate da una sorta di bottoniera operata appunto dagli ingranaggi meccanici; e poi vari oggetti “trovati”, come canne, molle, pezzi di carta che, opportunamente amplificati, creavano un paesaggio sonoro sorprendente e misterioso, a cui Bastien ha voluto aggiungere anche una dimensione visiva. Sopra questo apparato aveva infatti piazzato anche una piccola telecamera, che proiettava un dettaglio del meccanium su uno schermo alle sue spalle, amplificando così la dimensione immaginaria e misteriosa dei suoi paesaggi sonori.

Il concerto è stato una sorta di viaggio affascinante attraverso mondi sonori diversi: a volte misteriosi ed alieni, a volte intimi e raccolti; si veniva gettati in luoghi ignoti, freddi ed enigmatici come un deserto o un paesaggio lunare, per poi “ritornare a casa” cullati da suoni caldi e da melodie ingenue e cariche di richiami emotivi come può essere il ritorno ai luoghi dell’infanzia.

Forse la lezione più grande di Bastien è dimostrare come la semplicità possa essere ingegnosa, come da materiali poveri si possano ricavare suoni insospettati e misteriosi, come mezzi tecnici ed espressivi limitati possano produrre invece risultati ricchi, vari e intensi.

Avvalendosi di un piccolo mixer audio, Bastien miscelava le diverse sonorità prodotte dal suo meccanium creando un flusso coerente, ma non perquesto uniforme e monotono. Al contrario, grazie al suo istinto per la “regia del suono”, ha dato vita a paesaggi sonori multiformi e dalle tonalità emotive molto diverse, eppure assolutamente armonizzati e legati fra loro.

Mondi artificiali ed evocazione dei suoni della natura (fuoco, vento...); celebrazione della poetica della macchina e dell’automazione, col fascino di suoni meccanici ripetitivi, e richiamo all’organicità della vita, con le esili armonie di ance vibranti e la fragile melodia di una tromba gracile e accorata; rumore e musica. Poesia.

Le risorse sonore del meccanium di Pierre Bastien sono davvero sorprendenti; se non lo si vedesse in azione, sarebbe difficile credere che i suoni alieni ed astratti che è in grado di produrre non siano creati con l’uso dell’elettronica. E sono altrettanto affascinanti dal punto di vista sonoro i “loop meccanici” che l’uso degli ingranaggi permette di creare, sia che si tratti di suoni astratti e di rumori, sia invece di cellule armoniche. Una sorta di campionatore pre-elettronico.

Non va infine dimenticato l’apporto della tromba di Bastien, tutt’altro che irrilevante nell’economia delle sue creazioni sonore. Non è certo nella tecnica o nel fraseggio che vanno ricercati i pregi del Bastien trombettista, ma sicuramente nell’evocatività e nella tonalità emotiva del suo stile, senz’altro naif (penso anche volutamente), ma molto caldo, dotato di grande comunicativa e capace di evocare stati d’animo intensi, soprattutto al confine fra sogno, incanto, malinconia e nostalgia.

Per quanto mi riguarda, un esempio paradigmatico del concetto di “artista sonoro”, tanto per ricadere nella trappola delle definizioni...

Foto di Claudio Casanova Altre immagini tratte da questo concerto sono disponibili nella galleria immagini.

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