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Paolo Angeli al Centro Pecci di Prato

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Paolo Angeli
Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci
La fine della fine del mondo
Prato
18.3.2017

Non è frequentissimo poter ascoltare in concerto Paolo Angeli e la sua magica chitarra sarda preparata: il musicista sardo, come spesso accade a chi fa musica originale e creativa nel nostro paese, ha infatti più occasioni di suonare all'estero -nel corso del prossimo tour farà un concerto in solo perfino alla Carnegie Hall a gennaio del 2018 -che non nel nostro paese. Benvenuto è perciò stato l'invito fattogli dal Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, il quale -in occasione di un evento non-stop di tre giorni per celebrare la conclusione di una mostra di installazioni a tema "La fine del mondo" -gli ha chiesto di riprendere in mano il suo progetto di una decina d'anni or sono sulla musica di Björk, artista presente con un video tra le installazioni dell'esposizione.

Era stato infatti nel 2007 che, nel suo CD Tessuti, Angeli si era dedicato a rielaborare con il proprio strumento in solo i brani della cantate islandese, anche se in quell'occasione il progetto gli affiancava composizioni di Fred Frith. Riprendendo quanto fatto allora e aggiungendovi altri brani della cantante, il musicista sardo ha messo assieme un programma piuttosto cospicuo -il concerto è andato avanti per quasi un'ora e mezza, destando l'impressione di poter proseguire ancora -nel quale ha sfruttato la suggestione della sua chitarra.

Come noto, lo strumento di Angeli è assai particolare: una chitarra tradizionale sarda, da lui studiata in gioventù, modificata in modo piuttosto ingegnoso e ardito, aggiungendole altre corde (anche trasversali) fino al numero di diciotto, delle eliche motorizzate per la produzione di bordoni, martelletti comandati da pedali e altri accessori per creare suoni e rumori, il tutto supportato dall'elettronica. Il risultato è letteralmente qualcosa di unico: uno strumento plurale e poliedrico con il quale Angeli realizza in solo concerti nei quali propone musica propria, riletture di musica etnica o, come in questo caso, brani provenienti dal pop, conservando sempre una poetica personale e originalissima.

Va comunque detto che la musica di Björk è parsa particolarmente adatta per essere riarrangiata ed eseguita con lo strumento e le modalità di Angeli, grazie alla sua apertura, ben interpretata dai bordoni e dal parco uso dell'elettronica, e alla sua suggestione, esaltata dal contesto della performance, solitaria e tuttavia capace di sviluppare, anche sorprendentemente, una tavolozza di suoni così vasta. Il musicista ha inanellato una serie di brani, ampliandoli e spingendosi anche oltre i loro confini attraverso l'improvvisazione, con la massima attenzione di un pubblico assai numeroso (il concerto era entro una delle sale dell'esposizione e l'ingresso comprendeva anche la visita alla medesima e valeva per i due giorni dell'evento non-stop).

Un pubblico che, di fronte a questa musica inconsueta, raccolta, inetichettabile, ha non solo apprezzato entusiasticamente la performance, ma ha anche gradito, anzi reclamato il suo prolungamento, reiterato per ben tre volte oltre l'ora prevista. La qual cosa impone un interrogativo: perché per ascoltare un musicista sardo come Paolo Angeli il modo più semplice è prendere l'aereo e andare a sentirlo a New York o in Sudamerica? Misteri del nostro paese, che organizzatori e direttori artistici dovrebbero finalmente spiegarci.

Foto: Ivan d'Alì

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