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Manu Katche': Neighbourhood

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Il primo disco a nome del batterista Manu Katche', noto in ambito pop per le sue collaborazioni con Peter Gabriel, Sting e Youssou n'Dour ed in quello jazz per i lavori con Jan Garbarek, arriva dopo molti anni di carriera, sotto l'egida della ECM e con le modalita' care a Manfred Eicher, che gli affianca, oltre il suo storico mentore Garbarek, altri alfieri dell'etichetta tedesca, vale a dire Tomasz Stanko e due dei componenti dell'attuale gruppo del trombettista polacco, il pianista Marcin Wasilewski e il contrabbassista Slawomir Kurkiewicz.

Ne viene fuori un lavoro forse inatteso, dato che, come batterista, il leader attraversa il disco quasi in punta di piedi, con un lavoro di grande moderazione ben lontano dagli stilemi pop che piu' gli appartengono per esperienza, mentre come compositore Katche' appronta delle strutture talmente aperte da permettere ai suoi accompagnatori di interpretarle nella maniera loro piu' congeniale, tanto che alla fine il disco appare opera qua di Stanko ("Good Influence"), la' di Garbarek ("Take Off And Land"), complessivamente molto "Ecm", ma con componenti ritmiche significativamente marcate ("Lovely Walk").

In tutto questo, e forse proprio per questo, il lavoro ha grandi pregi. Innanzitutto, e' comunque tradizionalmente jazzistico, sebbene con colorazioni nordeuropee, come mostra lo splendido brano introduttivo, "November 99", in trio e che annuncia esemplarmente le atmosfere dell'intero lavoro, pensose, lente, intimiste, libere ma pervase da una vena melodica di fondo. Il lavoro di Katche' e' qui classico, delicato, di supporto ritmico ai dialoghi intrecciati dal pianoforte e dal contrabbasso, nella migliore tradizione del trio pianistico.

L'ampliamento della formazione a quintetto, con l'ingresso di Garbarek (sempre al tenore, come gli accade spesso quando svolge il ruolo di side man) e di Stanko, non snatura questo stile, dato che anche la successiva "Number One" e' una narrazione intimista, screziata dai gridi del sax e dall'accompagnamento della tromba, ma nella sua sostanza interamente sostenuta dal lavoro del trio, nel quale la presenza del batterista e' ancora una volta percepibile, ma misurata, ed ove la responsabilita' di larga parte del tessuto sonoro pesa sulle spalle dell'ottimo Wasilewski.

Nelle altre tracce la presenza di Garbarek produce atmosfere piu' estreme, a causa delle sue improvvisazioni dal fraseggio dilatato e del suo espressivo uso dello strumento, mentre quella di Stanko introducono improvvisazioni piu' irrequiete e vicine alla poetica di Miles Davis, specialmente in "Miles Away", esplicita dedica di Katche' al trombettista afroamericano, con il quale il batterista rimpiange ancor oggi di non aver mai potuto suonare. Altra dedica, in questo caso di tutto il disco, e' a Michel Petrucciani, con il quale invece Katche' ebbe modo di suonare poco prima della sua scomparsa.

La duttilita' e la coerenza del Katche' compositore si evidenziano accostando idealmente la prima traccia all'ultima, "Rose", nella quale il gruppo si muove in quintetto e che ne riprende il colore malinconico, libero e melodico, concludendo deliziosamente un lavoro di notevole spessore ed eccellente fruibilita'.


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