Steve Coleman's Natal Eclipse: Morphogenesis
ByAlieni e invasioni a parte, ce ne sono davvero troppe di cose da dire e da raccontare su Morphogenesis, lavoro numero trenta in carriera per Steve Coleman e quinto consecutivo affidato alla Pi Recordings. A partire dal titolo, che ancora una volta (come i "giunti sinoviali" o le "aritmie funzionali" dei dischi precedenti) rimanda a concetti legati a forme o processi di natura organico-biologica. Allusioni esplicite che sottolineano l'ormai conclamata estraneità all'improvvisazione e alla scrittura intese come dato meramente musicale, e che chiamano in causa un'idea di sviluppo delle strutture (e delle dinamiche interne a una band) intimamente correlata a un qualcosa di necessario, di naturale, e allo stesso tempo di ancestrale e primigenio.
Non a caso lo stesso Coleman ricorre sempre più spesso ai termini "visione" e "visualizzazione" per definire il proprio metodo di composizione spontanea. Nel quale si parte da stimoli puramente intuitivi, astratti, metamusicali (il battito del cuore e i suoi capricci, ad esempio, in Functional Arrhythmias), per arrivare a linee melodiche, cellule ritmiche o sequenze che soltanto in un secondo momento vengono orchestrate. In Morphogenesis gran parte di questi stimoli sono arrivati a Coleman da una sorta di libera interpretazione dei colpi e dei movimenti che fanno parte del vocabolario della boxe, trasferiti sul pentagramma in modo da restituirne l'incalzante fluidità e la danzante leggerezza. "Inside Game," "Pull Counter," "Roll Under and Angles," "Shoulder Roll," "Dancing and Jabbing": i titoli parlano chiaro. E per un ex ragazzo del South Side di Chicago, c'è un che di inevitabilmente romantico in questo ritorno a casa fatto di cazzotti e guantoni.
Ritorno a casa che coincide con il varo di una band nuova di zecca. Natal Eclipse il nome scelto, e almeno due le cose che balzano subito all'occhio: la prima, e più clamorosa, è l'assenza di un batterista; la seconda, decisamente insolita, è la presenza di un pianista. Matt Mitchell (e chi altri?), al quale si aggiungono gli immancabili Jonathan Finlayson (tromba) e Jen Shyu (voce) e la venticinquenne Maria Grand (sax tenore). Completano i ranghi quattro strumentisti di estrazione accademica, perfettamente integrati in un organismo duttile e timbricamente cangiante. Che si muove con precisione all'interno di partiture eleganti, labirintiche, ariose e sofisticate. Sale degli specchi nelle quali smarrire la percezione dei confini e il senso dell'orientamento, e dalle quali si esce ancora una volta storditi e travolti (il crescendo demoniaco della conclusiva "Horda" leva davvero la terra da sotto i piedi).
C'è sempre il rischio che l'essenziale sfugga quando si parla di Steve Coleman, la premessa resta valida, ma potenza e grandezza quelle arrivano dritte in faccia.
Track Listing
Inside Game; Pull Counter; Roll Under and Angles; NOH; Morphing; Shoulder Roll; SPAN; Dancing and Jabbing; Horda.
Personnel
Steve Coleman: alto saxophone; Jonathan Finlayson: trumpet; Maria Grand: tenor saxophone; Rane Moore: clarinet; Kristin Lee: violin; Jen Shyu: vocals; Matt Mitchell: piano; Greg Chudzik: bass; Neeraj Mehta: percussion.
Album information
Title: Morphogenesis | Year Released: 2017 | Record Label: Pi Recordings
Post a comment about this album
FOR THE LOVE OF JAZZ

WE NEED YOUR HELP
To expand our coverage even further and develop new means to foster jazz discovery and connectivity we need your help. You can become a sustaining member for a modest $20 and in return, we'll immediately hide those pesky ads plus provide access to future articles for a full year. This winning combination will vastly improve your AAJ experience and allow us to vigorously build on the pioneering work we first started in 1995. So enjoy an ad-free AAJ experience and help us remain a positive beacon for jazz by making a donation today.About Steve Coleman
Instrument: Saxophone, alto
Article Coverage | Calendar | Albums | Photos | Similar Artists