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Mike Ladd & Negrophilia

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Aperitivo in concerto

Teatro Manzoni - Milano - 16.12.2007

L’altra faccia dell’orgoglio nero. Laddove il concerto ISWHAT?! di Napoleon Maddox al Teatro Manzoni [per leggerne la recensione clicca qui] era tutto viscere e urla, con profonde radici nella tradizione, sintesi rappresentata al meglio dalla presenza di un musicista come Archie Shepp, Negrophilia di Mike Ladd opera su un campo di maggior astrazione concettuale. Prendendo spunto dal volumetto di Petrine Archer-Straw intitolato “ Negrophilia: Avant-Garde Paris and Black Culture in the 1920’s“, Mike Ladd rivendica la prevalenza della cultura nera, non solo nel jazz, attraverso una originale miscela di spoken music e jazz d’avanguardia.

Poeta e professore di letteratura inglese presso la Boston University, Ladd conosce bene la forza dirompente della parola. I suoi testi sincopati, secchi, taglienti, surrealisti, a volte ermetici, vengono porti con discrezione, in controtendenza rispetto alla moda del momento. Certo, la versione più aggressiva delle liriche è assicurata dagli interventi del rapper Seraphim (già No Surrender), ma il clima generale rimane quasi rilassato, con la rivendicazione che trae forza dal contenuto più che dalla forma.

E la musica? Si muove tra geniali intuizioni elettroniche dello stesso Ladd, la propulsione tribale di Guillermo E. Brown, gli intrecci pericolosi tra le ance di Andrew Lamb e la tromba di Roy Campbell, le invenzioni sui tasti bianchi e neri di Vijay Iyer. Benché un poco penalizzato dall’amplificazione proprio il giovane tastierista di origine indiana risulta il vero motore delle alchimie sonore di Negrophilia.

Niente di magmatico e torrenziale bensì degli impulsi sonori apparentemente disordinati che a volte si agglomerano in ninna nanne alla Bjork come in “Nancy and Carl Go Christmas Shopping“, a volte confluiscono in drum & bass allucinati come in “Blonde Negresse”.

Non mancano momenti in cui Sun Ra sembra inviare messaggi da qualche galassia sperduta, né sequenze bucoliche nelle quali due flauti evocano idilliaci paesaggi, salvo poi accorgersi che siamo dalle parti di David Lynch piuttosto che di Frank Capra. Ma è comunque e sempre musica ricca di tensione, lontana dalla prevedibilità, ed in grado di alimentare a getto continuo la curiosità dell’ascoltatore.

Foto di Roberto Cifarelli

Altre foto tratte da questo concerto sono disponibili nella galleria immagini

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