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Magos Herrera: México Azul

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Non c'è dubbio: il biglietto da visita è la sua immagine. In ogni disco finora pubblicato (si contano dal 1997 sette album) Magos Herrera è sempre in primo piano. Ma è uno specchietto per le allodole che spiazza o intrappola la superficialità.

Qui non si tratta solo del fascino né di una bellezza fine a se stessa. Magos, molto popolare nel centro America, ha una voce evocativa, tinta con i colori solari dei paesi latini (ma senza per questo essere "clamorosa"), con la tristezza e il senso del destino tipici di quei luoghi.

A metà tra la corposa vocalità di Toni Braxton e quella rotondeggiante di Anita Baker, in questo suo ultimo CD, il colore blu assume ambivalenze suggestive. I classici dell'eta d'oro del cinema messicano (anni '30/'40) si estendono tra pace e tranquillità ("Luz de luna," "Noche Criolla") e nostalgia inconsolabile ("Angelitos Negros," "Lamento Jarocho," "Tres Palabras"). La sua voce e gli arrangiamenti sono brillanti e cristallini come l'Oceano. E la cantante salpa su acque chete e confortanti.

Un pool di musicisti tosti e di notevole esperienza (su tutti, Tim Hagans alla tromba, ma anche il tuttofare John Patitucci al basso) le stanno accanto come fedeli consiglieri. Vivacizzano la malinconia marina dell'elegante interprete ("Obsesion," "Azul"). L'immancabile "Dos Gardenias" è un'ulteriore sfida, tra leggere brezze e raffinatezza, alle interpreti grandi del passato che l'hanno affrontata.

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