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Kit Downes: Light from Old Stars

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Kit Downes

Light from Old Stars

Basho Records

Valutazione: 3,5 stelle

Vittorio Albani

Sono da sempre fermamente convinto che nella scala della creatività (pittura a parte), dopo i musicisti e contro ogni aspettativa, vengano di gran carriera gli scienziati o chi a che fare direttamente o indirettamente con il mondo scientifico. Lesley Barnes è l'art director e grafico che cura i lavori discografici di Kit Downes, pianista britannico già da un po' di tempo considerato dalla critica inglese uno dei più promettenti nuovi nomi del brit-jazz.

A entrambi (Barnes cura anche la multimedialità delle live performances di Downes) arriva dunque questa strana richiesta dal festival di Cheltenham di pensare e produrre un lavoro dedicato alla scienza e, in particolare, alla migrazione dell'acido desossiribonucleico.

Il perché lasciamolo stare. Fatto sta che i due si mettono alla ricerca di input e trovano sulla loro strada il lavoro di Daniela Scalice, di professione "astro-biologa" che per la NASA fa questo e altro in maniera concretamente creativa. Trovare nessi e concetti che possano mettere in relazione la materia musicale e DNA può anche far sorridere ma, in maniera sicuramente intrigante e forse più vicina alle metodologie di indagine statistica proprie del mondo pop, Downes si mette a lavorare su un tema certamente complesso. Light from Old Stars è il frutto di questa premessa.

Con a seguito basi blues dei passati lavori, omaggi alle architetture sonore del Frisell più tangenziale, nuances di moderno jazz inglese (sempre sia ringraziato il signor Django Bates per avercele consegnate), un pianismo che in molte occasioni ricorda le accentazioni del Jarrett degli anni Impulse! o le ispirazioni solipsistiche di Paul Bley e l'immancabile doverosa dose di genetico humor, Downes si esercita nella peculiare attività dell'improvvisare e far improvvisare, destrutturando e dissonando il materiale musicale a disposizione. Accanto a lui la fidata ritmica di Calum Gourlay e James Maddren, le ance di James Allsopp e il violoncello di Lucy Railton.

Il risultato è un pelo straniante e, almeno all'inizio dell'ascolto, non si comprende se si ha a che fare con un disco che non avrebbe sfigurato nel catalogo pop Virgin negli anni di massimo splendore creativo dell'etichetta di Branson o una "differente versione dei fatti" collegabile a un'istanza tangenziale alle forme new jazz. Intelligente contrasto di prospettive, questa "luce da vecchie stelle" (c'è di sicuro il buon vecchio jazz a governare la strada) è sicuramente lodevole per il tentativo di dare profondità a una struttura musicale certamente alternativa, tessitura armonica e melodica comprese. Che poi il protagonista sia un onnivoro è altra inconfutabile verità: negli ultimi anni, il giovane pianista di Norwich (c'è chi si spinge a scrivere di lui come della più fulgida realtà del pianoforte in Inghilterra da John Taylor in qua) l'abbiamo sentito alle prese con il post-bop, l'avanguardia, il rock-jazz e il già citato blues.

Comunque la vogliate vedere, esuberante e mai pretenziosa, la musica e il sound di Downes conquistano con inesorabile fascino anche perché, è vero, ambience del genere sono davvero rare. E poi c'è in più quel pizzico di misticismo godibile che - accanto alle dinamiche prettamente sonore - ti fa andare ad aprire il libretto e leggere anche la "parte scientifica" scritta dall'astrobiologa. Diavolo di un Downes! Quando esce il tuo prossimo disco?

Claudio Giovanni Bonomi

Il pianista Kit Downes è considerato dalla stampa inglese un talento straordinario avviato a seguire le orme del leggendario John Taylor: a soli 27 anni ha già collezionato premi e riconoscimenti di ogni tipo. E oltre a una carriera solistica ben avviata, qui ben rappresentata da Light from Old Stars, è membro attivo del trio di avant jazz Troyka (leggi le recensioni di Troyka e Moxxy)e vanta numerose collaborazioni, prima fra tutte quella con i Neon di Stan Sulzmann. L'ispirazione di questo terzo lavoro solista di Downes viene dagli astri e precisamente, come suggerisce il titolo, dalle stelle e dal loro ciclo di vita come corpi celesti. Non è un caso che le note di copertina siano scritte da Daniella Scalice, astrobiologa della Nasa.

Questo leit motiv stellare si riverbera nelle composizioni blueseggianti di Downes, dove si sente fortissima l'influenza di pianisti come Paul Bley e Jan Johansson e non è un caso che entrambi si meritino un'esplicita citazione nei titoli di due composizioni ("Bleydays" e "Jan Johansson") delle nove che compongono la scaletta di Light from Old Stars.

A pensarci bene un'altra fonte d'ispirazione, nei passaggi meno smaccatamente tinti di blues, potrebbe essere stato anche l'eccentrico stile pianistico del compianto Michael Garrick. Come nella stralunata "Two Ones" o nella movimentata "The Mad Wren" dove si mettono bene in evidenza il batterista Calum Gourlay e il contrabbassista James Maddren, una sezione ritmica cinque stelle che dà vigore ad alcuni brani della raccolta talvolta troppo autoindulgenti.

In sintesi un bel disco di neo bop all'inglese che senza nulla togliere al talento e al virtuosismo di Downes paga troppo pegno a modelli e a strutture già ampiamente esplorate. Insomma, questa volta Downes e compagni sono andati sul sicuro.

Elenco dei Brani:

1. Wander and Collossus (7:13); 2. Bleydays (6:27); 3. Outlawed (6:57); 4. What's the Rumpus (3:44); 5. Two Ones (4:49); 6. Falling Dancing (0:46); 7. Owls (5:15); 8. The Mad Wren (6:44); Jan Johansson (6:44).

Tutti i brani sono composti da Kit Downes.

Musicisti:

Kit Downes (piano e organo), James Allsopp (sax tenore, clarinetto e clarinetto basso), Lucy Raiton (violoncello), Calum Gourlay (contrabbasso), James Maddren (batteria).

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