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Intervista a Michael Blake

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Sono ormai trascorsi vent’anni da quando il sassofonista canadese Michael Blake decise di trasferirsi in pianta stabile da Vancouver a New York.

Dopo un inizio difficile e alcuni anni di militanza nei Lounge Lizards di John Lurie, si avviò a una scintillante carriera da solista.

Il suo percorso musicale lo ha portato, negli anni, a frequentare alcuni dei musicisti più importanti della scena Downtown Newyorkese, fino a diventarne, uno degli elementi di riferimento.

Nel 2002 la rivista americana “DownBeat” lo ha incluso tra i musicisti emergenti nelle categorie 'artista dell'anno', 'sax tenore' e 'sax soprano'.

In questi anni ha fatto dell’esperienza nei collettivi un punto chiave della sua crescita come musicista e compositore, dando vita a gruppi suoi (Free Association), come co-leader (Slow Poke), o entrando a far parte di formazioni altrui (Medicine Wheel di Ben Allison).

Si è sempre contraddistinto per maturità vocale e lirismo, sia al sax tenore che al soprano, e stupisce che un musicista di così grande sensibilità e profondità ancora oggi non sia tra i “sideman” più richiesti in progetti altrui.

Lo abbiamo intervistato in occasione dell’uscita del suo ultimo disco Amor de Cosmos, lavoro che lo vede per la prima volta a capo di una band interamente canadese e impegnato sul fronte politico e sui temi dell’appartenenza al paese d’origine in epoca coloniale.

Il momento è per Blake particolarmente effervescente in quando vede l’uscita contemporanea di diversi suoi progetti: ci siamo fatti raccontare qualcosa sul suo immediato futuro che, tra le altre cose, lo vedrà cimentarsi anche al sax alto.

All About Jazz: Dopo tante collaborazioni con musicisti americani e danesi, come è nata l’idea di realizzare un disco con musicisti esclusivamente canadesi, come te?

Michael Blake: L’idea di fare un disco con i migliori musicisti e improvvisatori jazz di Vancouver è stata lanciata dal proprietario/produttore della Songlines, Tony Reif, mentre la retrospettiva personale è stata un’idea mia.

Erano anni che sentivo parlare di Dylan (N.d.R. Van Der Schyff, il batterista) ed ero entusiasta all’idea di fare un disco con questo gruppo di musicisti.

Prima di andare in studio a registrare, abbiamo suonato insieme in un ottimo concerto dal vivo.

AAJ: Com’è nato il titolo di questo nuovo disco Amor de Cosmos, puoi raccontarci qualcosa in merito?

M.B.: Durante la composizione delle musiche per il gruppo canadese mi sono chiesto: ”Cosa posso tirar fuori per questo disco dalla mia esperienza personale in questa zona del Canada?”. Quando ero un ragazzino mio zio Don portò la mia famiglia in viaggio nella British Columbia [N.d.R. - la provincia del Canada in cui si trova Vancouver] lontano dalla vita di città cui eravamo abituati.

Cosi' - da teenager - mi trovai ad immaginare quelle zone prima che i coloni europei arrivassero, a pensare come possa essere stato per le società indigene sopravvivere in quell’atmosfera... Il loro amore per la natura che li circondava e la difesa contro la minaccia alla loro stessa esistenza. Trovandomi a comporre per questo gruppo ho cercato con la mia immaginazione di realizzare una musica che cerca di esprimere un grande senso di appartenenza alla terra.

Scavando nella storia della British Columbia ho scoperto William Alexander Smith, che fu primo ministro della provincia e visse alterne vicende per via del suo carattere bizzarro.

A 26 anni decise di cambiare il proprio nome in Amor de Cosmos, per rendere omaggio a quello che amava di più, che era, a suo dire: “… l’ordine, la bellezza, il mondo e l’universo”. Nel 1858 fondò il giornale “British Colonist” a Victoria, promuovendo l’unione col Canada, e fu uno dei primi membri del parlamento dopo l’adesione della British Columbia alla Confederazione nel 1871. Sempre più instabile perse l’incarico nel 1882. Dal 1895 la corte di giustizia lo dichiarò mentalmente incapace.

Scoprirlo fu come un catalizzatore in relazione alla mia storia personale - non per la sua vita o carriera in se stesse, ma perché l’invenzione di Amor de Cosmos mi intrigò.

Nel 1986 lasciai la British Columbia per studiare a New York, dove risiedo da vent’anni, ma decisi poi di ritornare per molte ragioni: lavoro, famiglia e vacanze. …e come Mr. Smith ho dovuto reinventare me stesso per sopravvivere alla nuova situazione che si era venuta a creare.

Su Amor de Cosmos la mia memoria ha avuto un nuovo slancio e forse sono stato in grado di reinventare me stesso nuovamente.

AAJ: Le sonorità e i colori di questo disco mostrano una certa varietà e evidenziano un cambiamento rispetto al passato, a mio parere.

M.B.: Non riesco mai a sentire grandi differenze nella mia musica. Tutte le sonorità fanno riferimento a un unico linguaggio, ma ogni album racconta una storia diversa e come tale ne evidenzia le diverse sfumature.

Probabilmente questo Amor de Cosmos è un po’ diverso dai precedenti lavori perché in alcuni punti ha sonorità più tipiche del jazz “da camera”.

Trovo inoltre che sia molto influenzato dalla “new music”, ma in modo del tutto inconsapevole e sincero.

Sono i musicisti ad avere un ruolo centrale e a caratterizzare in modo determinante l’atmosfera del disco.

Per il resto il mio modo di comporre mantiene le consuete caratteristiche di semplicità e lirismo.

AAJ: Pensi sia possibile sintetizzare la tua carriera in alcune tappe salienti e significative?

M.B.: Partendo dagli inizi, nel 1986 lascio Vancouver, in Canada, per New York City, e per 4 anni lotto duramente, ma poi finalmente inizio a muovere i primi passi fino ad incontrare John Lurie e a suonare con i suoi Lounge Lizards per alcuni anni.

In seguito, nel 1990, mi prendo una pausa dai Lounge Lizards e incontro alcuni incredibili musicisti della scena Downtown di New York.

Nel 1997 pubblico il mio primo progetto solista Kingdom of Champa, con i Free Association e la produzione di Teo Macero.

Nel 1998 mi unisco al Jazz Composers Collective e alla Ben Allison’s Medicine Wheel. Sempre nel 1998 pubblico At Home, con la formazione Slow Poke. Sia il gruppo che questo album rappresentano per me un passo molto importante in quanto anticiparono il trend delle “cover” e il disco divenne un punto chiave per la produzione “low-res” (a ridotto contenuto tecnologico), ma con una sensibilità per la musica elevatissimo “high-res”(ad alto contenutomusicale). Nessuna nota sprecata!

Nel 2000 viene pubblicato Drift, e nel 2001 inizio a muovere i primi passi con la formazione Blake Tartare (con i tre danesi Kjaergaard, Westergaard e Osgood) suonando dal vivo in Danimarca, a cui faranno seguito alcuni dischi per la Stunt [Blake Tartare fu il disco d'esordio di quel gruppo].

Dal 2004 - 2008 mi dedico a girare in tour dal vivo e alla produzione di altri album.

Nel 2008 per la prima volta lavoro alle musiche per il cinema e compongo la colonna sonora del film Vodka Rocks.

AAJ: Hai un suono molto bello e originale sia al sax tenore che al soprano. Come ci sei arrivato?

M.B.: Tendo a concentrarmi sui musicisti della vecchia scuola, studiandone le sonorità e il fraseggio.

Mi diverte molto scovare sassofonisti dimenticati o passati inosservati. Cerco comunque di evitare clichè e modelli ripetitivi.

Ma mi piace ascoltare tutto e prestare attenzione a ogni cosa che che fanno, senza giudicare, a meno che il musicista non si riveli un mero imitatore senza personalità.

Anche i musicisti con cui suono hanno sostenuto molto il mio impegno, una sorta di fascino all’antica, indipendente dai fenomeni di moda! Naturalmente John Lurie ha avuto un ruolo determinante perché era molto deciso nel suo percorso musicale e ciò mi ha notevolmente aiutato nella ricerca di un mio “sound” personale.

AAJ: Da sempre i tuoi dischi si caratterizzano per sonorità acustiche, hai mai pensato di introdurre l’elettronica all’interno della tua musica?

M.B.: Beh, non ho ancora collaborato con nessuno che utilizzi laptop e campionamenti, ma credo che la presenza negli ultimi album di Soren Kjaergaard e Chris Gestrin, con i loro effetti e paesaggi sonori, mi abbia introdotto in un nuovo ambiente.

In questo momento, ritengo che la capacità umana di produrre un suono attraverso uno strumento e di controllarlo attraverso sottili vibrazioni nel nostro subconscio ci permetta di conservare la nostra umanità.

L’esperienza dei collettivi è qualcosa di straordinario e sta diventando un fatto sempre più raro nel jazz.

Voglio dire che spesso mi trovo costretto a lavorare sul laptop, ma personalmente non voglio che ciò entri nella mia musica.

Per me è qualcosa di banale. Non fraintendermi, amo la tecnologia e la trovo utile, ma la trovo anche desensibilizzante e pericolosa.

Può sembrare ridicolo, ma l’idea di vedere un laptop in un contesto di musica live di mette a disagio.

AAJ: Chi erano i tuoi eroi degli inizi, se ne avevi, e quali quelli di oggi?

M.B.: Partendo dai tempi di Vancouver, direi subito Pee Wee Russell, Coleman Hawkins, Coltrane, Ellington e cose strane... fusion e molta musica latina.

Poi, una lunga fase di titani del sax tenore come Wayne Shorter, Joe Henderson, Clifford Jordan, Lucky Thompson e potrei continuare all’infinito... Benny Golson, Paul Gonzalves...

Oggi, direi che i miei eroi sono la gente che incontro tutti i giorni e che rende il mondo un posto migliore.

AAJ: A cosa si ispira la tua musica? Dove fonda le sue radici?

M.B.: Spesso l’ispirazione proviene da un cambiamento imprevisto della mia vita o da uno stato d’animo che enfatizza la mia energia.

Da queste ondate di creatività riesco frequentemente a ottenere molto materiale scritto.

Poi può trascorrere del tempo prima che mi torni voglia di comporre e, in questi momenti di calma, mi concentro di più sul mio sax e lavoro sul piano strumentale.

Mi piace la musica africana ed evocare semplici linee melodiche che evolvono improvvisando.

AAJ: Quale ritieni essere la tua maggiore dote o abilità (l’arrangiamento, la scrittura, l'improvvisazione ecc.)

M.B.: Fare il leader di un gruppo!

AAJ: E il tuo peggior difetto? Se pensi di averne uno.

M.B.: Fare il leader di un gruppo!

AAJ: Stai attraversando un periodo caratterizzato da diverse produzioni discografiche: è una coincidenza oppure ritieni di essere in un periodo particolarmente prolifico?

M.B.: Cerco sempre di realizzare un mucchio di cose e di solito accade che alcuni progetti vengano a cadere.

Questa volta nulla è andato perso e sono riuscito a raggiungere tutti gli obiettivi che mi ero dato.

Ho ancora in programma la pubblicazione di un album in duo con il batterista dei Blake Tartare, Kresten Osgood, che rappresenta il mio debutto al sax alto (N.d.R. su disco) ed è uno splendido album di improvvisazioni.

Dovrebbe uscire per la Clean Feed verso la fine del 2008 e si intitolerà Control This.

AAJ: Ci puoi raccontare qualcosa di The World Awakes - A Tribute to Lucky Thompson, uscito quasi contemporaneamente ad Amor de Cosmos (per la Stunt Records)?

M.B.: Non era previsto che uscissero insieme, ma la Stunt generalmente non mi comunica quando fa uscire un disco e non avevo idea che sarebbe andata così.

Qui gli album (N.d.R. a New York) sono usciti a quasi 6 mesi di distanza.

È stato un grande onore per me che la radio danese abbia prodotto l’album e mi abbia permesso di realizzare questo progetto come volevo.

Gli arrangiamenti sono abbastanza sontuosi, ma mai troppo impolverati e paludosi.

Credo che la band abbia fatto uno splendido lavoro, mettendo la musica di Lucky sotto una nuova luce.

AAJ: Farai un tour per promuovere Amor de Cosmos? Verrai anche in Italia?

M.B.: Suonerò alla Maratona Jazz di MiTo a Milano in settembre con Hellbent, un’altra band di cui sono leader, e con me ci sono l’ex-Lounge Lizard Calvin Weston alla batteria, Marcus Rojas alla tuba e Charlie Burnham al violino.

AAJ: Hai altri progetti per il futuro?

M.B.: Sì, il mio ultimo progetto newyorchese comprende alcuni giovani musicisti molto bravi, e io canterò in alcuni brani.

AAJ: Pensi che la recente pubblicazione da parte della Palmetto Records di At Home in formato MP3 sia un punto di ripartenza per gli Slow Poke, oppure è un progetto da ritenersi chiuso?

M.B.: Il mio impegno per la pubblicazione dell’album è stato un GIGANTESCO tentativo di rilanciare la band.

Ma la pianificazione è stata così difficoltosa che ho pensato: “Meglio lasciar perdere e concentrarmi sui miei gruppi!”

AAJ: E dei Lounge Lizard hai notizie?

M.B.: No. Non ho nessuna informazione al riguardo.

AAJ: Hai ormai una bella carriera consolidata, fatta di grandi collaborazioni e di produzioni a nome tuo: cosa possiamo aspettarci da te nei prossimi anni?

M.B.: Penso che continuerò a registrare musica originale e interessante.

Mi piacerebbe tentare di realizzare qualcosa di più pop, ma vorrei inserirlo sovversivamente in un album di jazz.

AAJ: C'è una domanda che non ti è mai stata fatta alla quale vorresti rispondere?

M.B.: hmm... eccezion fatta per Ben Allison e Steven Bernstein, ritengo strano che venga raramente chiamato a suonare nei gruppi altrui.

Quindi, forse la domanda potrebbe essere: “Perché non sei più attivo e coinvolto in progetti di altri musicisti?”

Ma, se qualcuno me la ponesse, probabilmente mi offenderei - haha!

Comunque, ad essere onesti, se non fosse stato per Grachan Moncour non avrei mai fatto faville al sax alto e Oliver Lake non mi avrebbe mai chiamato a suonarlo con lui, lo scorso anno.

AAJ: E una domanda che ti fanno sempre e alla quale non ne puoi più rispondere?

M.B.: Nessuna. Adoro parlare!

Foto di Giorgio Milone (l'ultima).

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